VENICE IMMERSIVE | Shiineui Bang (Poet’s Room): la recensione

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Raccontare un linguaggio attraverso un altro linguaggio è sempre un’operazione complicata. Bomsok Ku ci prova, raccontando la poesia attraverso il cinema in realtà virtuale, con un cortometraggio semi-interattivo che si rifà con una certa insistenza al film d’animazione di stampo orientale più tradizionalista.

Shiineui Bang (Poet’s Room in inglese) è la storia di Yun Dong-Ju, poeta coreano vissuto realmente e dall’esistenza tragica, morto prematuramente, prima dell’indipendenza della Corea. Yun Dong-Ju aspettava da tutta la vita uno specifico momento, che non è riuscito infine a vivere, proprio a causa della sua ingiusta prigionia. Un racconto tenero e sentito, quello raccontato in questo adattamento degli ultimi istanti della vita di Yun, che passa dall’incontro con la moglie al confronto con gli amici sui temi a lui cari, per finire negli ultimi istanti della sua vita; in gabbia, e privato di tutto ciò che amava.

Se sul fronte narrativo la struttura funziona, riuscendo a ingaggiare lo spettatore attraverso uno scorrere degli eventi poetico ed emozionante, sul fronte dell’utilizzo del linguaggio Poet’s Room esagera, lanciandosi in movimenti di macchina eccessivi, che esasperano con troppa insistenza le possibilità della realtà virtuale contemporanea. Stiamo vivendo il proto-cinema del film VR, ed è normale che si stia ancora cercando il giusto compromesso tra la staticità di cui necessita una visione a trecentosessanta gradi, e la grammatica propria del cinema tradizionale, composta anche da ampi movimenti di macchina, punti di vista e inquadrature naturalmente impossibili. Bomsok Ku tenta in tutti i modi di adattare non solo il linguaggio della poesia al cinema, ma anche quello del cinema alla realtà virtuale, azzardando anche una citazione a L’arrivée d’un train en gare de La Ciociat dei Lumière che stupisce più per le intenzioni, che per l’impatto effettivo.

La voglia di fare cinema in realtà virtuale è tanta ed evidente, e la realizzazione tecnica risulta davvero molto buona rispetto a quello che abbiamo visto in questi anni nello stesso contesto; ma forse è arrivato il momento di riscrivere da zero le regole del linguaggio, inventandoci un cinema che – ancora – non c’è.

 




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