Edge of Nowhere: la recensione

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Insomniac Games è una software house che non ha certo bisogno di presentazioni. Entrata nel cuore degli appassionati dalla quinta generazione di console grazie a titoli del calibro di Spyro the Dragon, Ratchet & Clank e il più recente Sunset Overdrive, la casa americana decide di dedicare il suo 2016 alla produzione di tre esclusivi per Oculus Rift, affrontando generi e approcci completamente diversi tra loro. Il titolo che andremo ad affrontare oggi è fondamentalmente un action-adventure a tinte horror in terza persona, basato esclusivamente sull’utilizzo dell’headset affiancato a un controller classico; oggi parliamo di Edge of Nowhere.

Dopo il piccolo teaser di introduzione, l’avventura si apre con Victor Howard, il nostro protagonista che giunge alle soglie dell’Antartide. L’obiettivo di Victor è di far luce sulla scomparsa della fidanzata Ava e, di conseguenza, recuperarla da una curiosa spedizione di cui si son perse le tracce. Le cose iniziano immediatamente con il piede sbagliato, poiché l’aereo su cui il protagonista viaggia subisce dei danni imprevisti che ne causano la caduta. Victor si salva per miracolo, ma nel suo viaggio alla ricerca dell’amata consorte dovrà fare i conti con una forza sovrannaturale terribile e inaspettata.

Edge of Nowhere è un titolo strano, poiché tenta di adattare un genere che poco si presta all’unicità della realtà virtuale e che, a una prima occhiata, potrebbe non giovare delle peculiarità del mezzo; ma non è così. Il nostro sguardo diventa la macchina da presa che segue Victor, costringendo il game director Brian Allgeier a lavorare in modo peculiare su linguaggio e inquadrature, ma impedendogli indubbiamente di sfruttare un range particolarmente ampio di focali, sacrificando la varietà dei punti di vista. Questo, all’infuori del gameplay effettivo, limita oggettivamente le possibilità di storytelling nei momenti narrativi, ma grazie alle ottime scelte di racconto i limiti si fanno forza, rendendo Edge of Nowhere uno straordinario punto di partenza per il genere su VR.

Il gameplay è quello classico dell’action adventure post Uncharted, con grosse strizzate d’occhio ai Tomb Raider di Crystal Dynamics e saccheggi vari da altri esponenti del genere. In Edge of Nowhere dovremo arrivare dal punto A al punto B, passando per fasi esplorative, momenti più action e lunghe sezioni stealth, inframezzate da sequenze totalmente narrative che scandiscono dignitosamente il racconto. Oltre a comandare Victor con il joypad tradizionale (o i touch, usati come joypad), potremo sfruttare finalmente l’headset per puntare fisicamente la torcia verso la direzione desiderata, facendoci luce nelle caverne più buie e scoprendo un senso di immersione quasi inedito nella classicità del genere; inoltre la meccanica del puntamento a vista ci permetterà di mirare guardando negli occhi il nemico durante le sparatorie, rafforzando le sensazioni sopracitate.

Tutti elementi che funzionano sorprendentemente bene e conferiscono carattere a un gameplay inevitabilmente semplificato in molti suoi aspetti, ma che riesce a dire qualcosa di inedito nell’immenso parco giochi dello stesso genere. E’ inoltre lodevole la libertà data al giocatore nel seguire l’approccio che preferisce nella maggior parte delle situazioni, potendo liberamente decidere se farsi strada a suon di polvere da sparo o se optare per un metodo più ragionato, sfruttando le numerose trappole sparse nella mappa di gioco e i punti deboli degli avversari. Tra i limiti ben visibili del titolo troviamo sicuramente un combat system poco profondo (anche se stimolante), una crescita legata ai power up assolutamente gratuita e una discreta ripetitività delle azioni, che viene però sopperita da ottime scelte di level design.

L’atmosfera di Edge of Nowhere è splendida e ci trasporta di forza in un immaginario a metà tra Lovecraft e Giger, in cui realtà, immaginazione ed elementi sovrannaturali creano un mix affascinante e coerente, che si fa punta di diamante dell’intera produzione. La sceneggiatura inoltre funziona per quasi tutta la totalità dell’avventura, per sfociare sfortunatamente in un finale che manca di mordente e che avrebbe meritato per lo meno una maggior cura nella messa in scena. Gli ambienti di gioco risultano poi piuttosto limitati, ma sempre curatissimi e spesso capaci di lasciar senza fiato, soprattutto nei momenti in cui la coreografia degli elementi a schermo si fa più complessa e presente. La solida art direction del titolo Insomniac è per di più supportata da una buona realizzazione tecnica, minata solo da piccole sbavatura che non rovinano comunque l’esperienza. Avremo quindi alcune texture in bassa definizione, qualche modello poligonale più povero del previsto e un fastidioso cambio repentino di gamma e di neri ogni qual volta si cambierà setup di ambientazione. Sono piccole difetti che non tolgono smalto alla produzione, ma che dimostrano ancora una volta la discreta differenza produttiva che si cela tra i titoli VR e quelli tradizionali.

L’avventura si può concludere senza troppi problemi intorno alle tre, quattro ore; longevità probabilmente adatta al prodotto in questione ma chiaramente inferiore a ciò che ci si aspetta da un AAA venduto quasi a prezzo pieno.

In conclusione, Edge of Nowhere rimane un titolo meraviglioso, estremamente consigliato a chiunque cerchi un’esperienza diversa dai soliti prodotti per VR e che farà la gioia di chi cerca uno storytelling solido e un’atmosfera curata, ancora meglio se affascinati da un contesto lovecraftiano che spinge forte sull’horror psicologico e qualche sporadico, ma azzeccato, jumpscare. Visti i risultati ottenuti da Insomniac Games nel suo anno 0 della VR, non possiamo che premiarla a cuore aperto, augurandoci che Edge of Nowhere, per loro, sia solo l’inizio di un grande e duraturo sposalizio con la realtà virtuale.

Edge of Nowhere è disponibile dal 6 Giugno 2016 esclusivamente su Oculus Store.

 




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1 COMMENT

  1. Bella recensione, comprato in saldo e finito in 4 ore. È il tipico esempio della versatilità della vr, un terza persona anche se diverso dalle esperienze in prima persona resta sempre più immersivo ed interessante di una versione 2d.

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