Little Cities | la recensione | Meta Quest

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Giocato su Meta Quest 2

In realtà virtuale, e soprattutto su Quest, continuiamo a vedere sempre i soliti generi: sparatutto, action, rogue-like e sportivi. D’altro canto, strategici e city builder hanno raramente toccato il nostro medium preferito, se non con qualche buon prodotto uscito su PC, finito però in fretta nel dimenticatoio. nDreams, andando un po’ controcorrente, decide invece di pubblicare l’esordio di Purple Yonder, ovvero una sorta di Sim City in miniatura, capace di tirare in mezzo un pubblico che non era stato ancora coinvolto nelle recenti pubblicazioni su Meta Quest. Scopriamo insieme Little Cities nella nostra recensione!

Costruire la propria città attraverso uno schermo è sempre stato estremamente soddisfacente. Fin dal primo Sim City, e continuando poi con Cities Skyline e simili, il medium videoludico è stato in grado di farci appassionare alla costruzione – centimetro per centimetro – di una città virtuale; dandoci la possibilità di amministrare nei minimi dettagli un’area indefinita, esattamente come nei nostri sogni più reconditi. In VR, tuttavia, abbiamo bisogno di esperienze più semplici, dirette, immediate, capaci di tenerci occupati costantemente, senza farci cadere nel tranello della noia e della ripetizione ossessiva. Evidentemente i coniugi di Purple Yonder lo sanno bene, e ci restituiscono infatti un city builder letteralmente in miniatura, spogliato di tutti quegli elementi che, in realtà virtuale, rischiavano di risultare fin troppo stucchevoli.

In Little Cities dovremo fondamentalmente costruire delle piccole città funzionanti su sei isole diverse, suddivise in città di mare, vulcaniche e desertiche. Una volta scelta il nostro perimetro di base, quello che dovremo fare sarà costruire case, fabbriche e negozi. Questi edifici sono il cuore pulsante dell’esperienza: niente suddivisioni tra case grandi o piccole, negozi popolari o luxury, e benché meno fabbriche di acciaio, legno o vetro, la base del gameplay sta tutta in tre semplici differenziazioni delle aree. L’obiettivo è quello di raggiungere il maggior numero di abitanti, bilanciando al meglio la suddivisione percentuale dei tre sopracitati, e cercando di non far mancare niente alla nostra popolazione.

Ma non solo. Se dovremo necessariamente partire dal delineamento delle aree, a ogni level up – dato dal numero di abitanti totali dell’isola – ci verrà sbloccata una nuova costruzione unica. Sul fronte delle necessità di base avremo a disposizione diversi edifici atti a restituire acqua, energia e rete alla nostra isola, e che dovremo posizionare lontano dalle case abitate, per non dare fastidio alla nostra popolazione, e rischiare di far scendere – parallelamente – la felicità generale. Niente collegamenti di cavi o tubi sotterranei, ma semplicemente il posizionamento perfetto di una risorsa, che dovrà necessariamente coprire un raggio d’azione necessario a soddisfare il fabbisogno della nostra popolazione.

Dall’altra parte avremo gli edifici di prima necessità, quali scuole, centrali di polizia, ospedali e così via. Come per le risorse di base, questi copriranno soltanto un’area specifica dell’isola, e starà a noi posizionarle con intelligenza, per andare a coprire le esigenze date del diametro della nostra città. Infine abbiamo gli edifici speciali: parchi acquatici, kart e così via, che andranno invece ad alzare con una certa insistenza un parametro specifico tra quelli necessari a proseguire nel gioco.

Sembra complesso, ma fortunatamente non lo è. In Purple Yonder hanno fatto di tutto per rendere semplice e accessibile l’esperienza, proponendoci un surrogato del city builder, basato su posizionamento degli edifici, attesa, e un pizzico di strategia. È tutto così giustamente semplicistico che, dopo qualche ora, inizieremo a sentire il bisogno di qualcosa di più.

Il game loop funziona, non fraintendetemi, ma dopo l’ennesima isola completata, affrontata sempre con il solito meccanismo, le cose potrebbero farsi un po’ troppo monotone. Il senso dell’operazione è proprio quello di restituirci un gameplay rilassante e pacato, e in questo Little Cities riesce benissimo, ma quando il gioco prova a presentarci qualche sfida in più, le stesse non risultano poi così soddisfacenti. Mettere una pezza all’eruzione di un vulcano, o sconfiggere una tempesta di sabbia è un’operazione un po’ monotona che non aggiunge niente in termini di gameplay, e che è chiaramente piazzata lì per tentare di aggiungere un po’ di sale a un gioco che non vuole metterci in difficoltà, e che va affrontato con uno spirito diverso da quello che potreste impiegare affrontando un prodotto analogo. Un altro problema è dato dalle ultime fasi dell’isola, in cui dovremo posizionare millimetricamente le abitazioni per far crescere l’ultima ondata che ci porterà alla chiusura del livello, e che non risulta mai troppo chiara, rischiando di farci semplicemente attendere all’infinito l’aumento della nostra popolazione.

L’esperienza sembra infatti nascere per essere fruita a spizzichi e bocconi tra un gioco e l’altro, e non per farvici chiudere per settimane, cercando di ottenere chissà quale grande premio o soddisfazione. Il concept è semplice: piazzati su un terreno e fallo crescere, trasformalo, fallo tuo. Anche una volta completata un’isola, potrete infatti continuare ad amministrarla, facendola crescere pian piano e perfezionando gli spazi in modo millimetrico. È un sistema, in fin dei conti, un po’ fine a sé stesso, capace tuttavia di regalare una serenità che non vediamo tutti i giorni nelle produzioni in realtà virtuale.

Il merito va anche a un comparto tecnico delizioso. Nonostante sul fronte poligonale non siamo lontani dai prodotti mobile di stampo più semplicistico, la direzione artistica riesce ad accompagnare le vostre partite in compagnia di Little Cities con grande grazia. I colori, i suoni, e soprattutto la musica, creano un’atmosfera sognante e piacevolissima, che riesce a tenervi incollati al visore nonostante – di fatto – non stiate completando chissà quale grande missione o conquistando chissà che obiettivo. Peccato per la mancanza di NPC sullo schermo, che si limitano ai soli mezzi di trasporto, e che fanno mancare un po’ la sensazione di città viva e pulsante, propria di questo genere specifico.

Buona, in ogni caso, la longevità, che può tenervi occupati per otto ore abbondanti, cercando di raggiungere il massimo livello su ogni mappa. Da segnalare poi che Purple Yonder ha in programma di aggiungere contenuti al gioco ciclicamente, andando a inserire edifici particolari, elementi estetici e mappe. Attendiamo la roadmap ufficiale che dovrebbe arrivare a breve, ma – per ora – i contenuti rispettano più che dignitosamente il prezzo del biglietto di circa venti euro.

Little Cities è un city builder semplicissimo e potenzialmente perfetto per la realtà virtuale. Chi cerca un’esperienza rilassante, che gli faccia passare qualche ora in compagnia di una città tutta da costruire, senza le urgenze tipiche del genere, troverà nel prodotto distribuito da nDreams una piccola chicca da non perdere. Al contrario, chi cerca uno strategico profondo e complesso rimarrà sicuramente deluso, e dovrà probabilmente aspettare il prossimo e imminente Cities VR.

Little Cities è disponibile dal 21 aprile 2022 al prezzo di 19,99€ su Meta Quest.

 

 




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