La guerra dei visori è iniziata, ma ne avevamo bisogno?

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L’uscita di Oculus Quest 2 ha sicuramente sconvolto il mercato della realtà virtuale. Il prezzo di questo visore unito alla sua versatilità hanno rovesciato molte gerarchie che si erano ormai più o meno consolidate. C’era il primo Quest, visore portatile che all’occorrenza poteva essere collegato al PC, ma un po’ castrato dalla presenza di un hardware già superato. C’era il Rift S, visore solo per computer che fa del comfort il suo cavallo di battaglia. C’era il Valve Index, il massimo che la tecnologia possa offrire, soprattutto in termini di tracking, ma ad un prezzo altissimo. E poi c’erano i visori di secondo piano, come i Pimax ed i visori HTC e Windows Mixed Reality, mirati a soddisfare una determinata nicchia di mercato.

A ottobre però esce il Quest 2, che offre il chip mobile più potente sul mercato, ovvero l’XR2, unito ad un display a risoluzione più alta di molti visori PC. Tutto questo all’incredibile prezzo di 350 euro, che taglia le gambe a qualsiasi tentativo della concorrenza di proporre qualcosa di simile. Tutti felici e contenti quindi? Non proprio. Chi aveva acquistato un Quest o un Rift S solo qualche mese prima (ricordo che questi due erano usciti solo a maggio 2019) si è trovato in mano improvvisamente un prodotto vecchio e svalutato. La frustrazione, anche condivisibile, di queste persone, unita al fatto che molti si stavano avvicinando per la prima volta a questo mondo, attirati dall’offerta di Oculus, ha probabilmente fatto scoccare la scintilla. Ed ecco che la guerra dei visori è stata innescata. C’è chi aveva un Quest e, forte dei suoi pannelli OLED, ha iniziato a dire che i neri del Quest 2 fanno schifo. C’è chi possedeva un Rift S ed ha iniziato a dire che il Quest 2 come visore PC è inferiore. C’è chi aveva un Index e ha iniziato a dire che il Quest 2 è un visore buono solo per far girare i giochini da cellulare. C’è poi chi acquistava il Quest 2 invece e, dall’alto dei suoi zero visori precedenti posseduti, ha iniziato ad eleggerlo come unico acquisto sensato, proclamando Zuckerberg il nuovo messia sceso in terra per salvare la realtà virtuale. E dopo mille discussioni sui vari gruppi e social, proprio quando sembrava che l’armistizio fosse vicino, ecco che iniziano ad arrivare in Italia i primi HP Reverb G2. E tutto è ricominciato daccapo. Le discussioni su questo visore mi hanno colpito in prima persona, visto che ho avuto l’onere di fare la recensione scritta per VR Italia. Me ne sono piovute addosso di ogni genere, da chi mi ha definito “fanboy PCista” a chi mi ha rinfacciato di non poter essere obiettivo nella review in quanto il visore l’avevo acquistato. Per non parlare delle eterne discussioni che sono ricominciate, nelle quali anche le qualità di questo visore per qualche motivo diventavano dei difetti. La risoluzione elevata e la nitidezza del G2 infatti per qualcuno servono a poco, perché nei giochi vecchi risaltano solo di più i difetti grafici. È come dire che è inutile continuare a fare un visore standalone se tanto le batterie odierne riescono a dargli un’autonomia di due ore al massimo, tanto per fare un esempio di un’affermazione altrettanto priva di senso. 

A questo punto vi starete chiedendo cosa ne penso di tutto questo, o semplicemente perché sono qua a scriverlo. Ve lo dico subito: mi sono rotto i coglioni. Non ne posso più di quelli che difendono a spada tratta il loro giocattolo, attaccando ogni volta che qualcuno ne sottolinea un difetto. Sono stufo di chi continua a dire che un visore è una merda senza neanche averlo provato. Mi sono stancato di continuare a leggere nei vari gruppi sempre le stesse cose, che i neri non sono neri, che il punto dolce non è dolce, che il tracking non traccia. Perché lo facciamo? Perché non possiamo goderci semplicemente la nostra passione più grande senza rompere il cazzo agli altri? In fondo i visori sono più o meno tutti uguali: hanno due lenti, uno o due display, due controller, qualche telecamera. E tutti, ebbene sì, proprio tutti, permettono di goderci la realtà virtuale. C’è Oculus Quest 2, il visore più completo e versatile che andrà sicuramente bene al 90% delle persone. C’è HP Reverb G2, per i maniaci del dettaglio grafico. C’è Valve Index, per chi vuole i controller ed il tracking perfetto. E poi ci sono Pimax, HTC e tutti gli altri produttori che offrono le loro soluzioni alle esigenze più specifiche. Perché non sono i visori ad essere completamente diversi tra loro, ma le persone che li usano. Ognuno di noi ha una diversa forma della testa, un diverso IPD, una diversa acutezza visiva. Ma soprattutto sono appunto le esigenze di ciascuno di noi ad essere diverse. C’è chi vuole giocare mezz’ora mentre la propria ragazza (o ragazzo) si fa la doccia, e chi se non ha almeno 3 ore libere non accende neanche il visore. C’è chi deve giocare una volta in salotto, una volta in cucina, una volta in camera da letto, e chi ha la propria stanza dedicata alla realtà virtuale. C’è chi vuole provare tutte le esperienze presenti nello store, e chi vuole passare altre 1000 ore con il suo gioco preferito. Perché per forza qualcuno di questi deve essere bravo, e qualcun altro invece uno stronzo? Non possiamo essere tutti semplicemente liberi di scegliere come vivere la VR senza nessuno che ci imponga come farlo? Il mio quindi vuole essere un appello: rinfoderiamo le spade, abbassiamo gli scudi, e mettiamoci il nostro caschetto preferito in testa, quando e come vogliamo. Con la speranza che ci siano sempre più produttori che investono nel settore: perché se resterà un solo competitor, che sia Facebook, Sony, Microsoft o chi per esse, state pur sicuri che la realtà virtuale sarà destinata al fallimento. La console war lasciamola ai flattisti, almeno fino a che la VR è ancora la nicchia della nicchia. Anzi, se proprio dobbiamo prendercela con qualcuno, andiamo a rompere i coglioni proprio a quelli che non vogliono scollarsi dal loro piatto monitor neanche un secondo. Perché alla fine sono loro quelli che non capiscono un cazzo, o sbaglio?

 

 




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