Rhythm of the Universe: Ionia | la recensione | PCVR, PSVR, Oculus Quest

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22Giocato su Oculus Quest 2 in Air Link

Fin da quando ero piccolo volevo fare il cinema, e dunque tutti i corti che facevo con i miei amichetti li scrivevo, dirigevo, montavo, interpretavo, e ci facevo anche le musiche. Ora, giunto a una certa età mi sono chiesto: cos’è che so fare davvero? E la risposta che mi sono dato, veritiera o meno che sia, è stata: dirigere e montare. Di conseguenza ho lasciato da parte la scrittura, la recitazione e la musica. Avevo compreso i miei limiti, ed ero appena maggiorenne. Con questa consapevolezza mi chiedo quindi sempre: come fa la gente a non capire fin dove si può spingere? Come si fa a non capire quali sono le proprie mancanze, i propri limiti? Nel gaming però, ahimè, capita spesso: studi minuscoli col budget per pagare tre settimane di pranzi ai dipendenti che vogliono fare i tripla A, game designer che si credono Fumito Ueda ma non hanno idee, ambizioni spropositate distrutte dall’incapacità tecnica. Rhythm of the Universe: Ionia non solo fa parte di questa categoria, ma si erge a vero e proprio emblema di tutto quello che è sbagliato nel gaming. Scopriamolo insieme nella nostra recensione.

Avevo provato Rhythm of the Universe durante un Next Fest di titoli VR su Steam, dimostrandovi più volte i miei dubbi su un prodotto che si spacciava come grande kolossal della realtà virtuale, ma risultava a conti fatti estremamente grezzo, raffazzonato e poco interessante. Da allora è passato quasi un anno, e credevo che ROTU Entertainment avesse messo una pezza alle grosse mancanze del titolo, proponendoci – quantomeno – un prodotto competente. E invece mi sbagliavo di grosso, perché non solo Rhythm of the Universe: Ionia è rimasto uguale alla sua demo, ma prosegue anche peggio di quanto pensassi.

Il prodotto di ROTU Entertainment ci mette nei panni di Allegro, un ragazzo muto che, insieme alla sorella Allegra, dovrà esplorare le lande rigogliose di Ionia, per salvare una natura che sta pian piano morendo. Se sul fronte del concept l’impronta ambientalista risulta senza dubbio lodevole nel suo voler raccontare in qualche modo un problema sociale estremamente contemporaneo, dall’altra il discorso fatica a uscire, e si esprime attraverso una sceneggiatura blanda ed estremamente formulaica. I bit narrativi dell’avventura con i ragazzini ci sono tutti: la scoperta di un grande segreto, la divisione dei due, una creatura in pericolo da salvare. Peccato che, al netto dei suoi quarantacinque minuti circa di durata, niente in quello che racconta Rhythm of the Universe arrivi davvero.

Il problema non è tuttavia soltanto della sceneggiatura, anzi. I più grossi limiti del prodotto di ROTU Entertainment sono senza dubbio il suo gameplay e la sua messa in scena. Per quanto concerne la prima, Rhythm of the Universe è sostanzialmente un’avventura narrativa a enigmi, in cui andare sempre dritti – quadro dopo quadro – risolvendo una manciata di puzzle estremamente elementari e ascoltando infiniti monologhi di personaggi poco interessanti. Questo è un problema? Fino a un certo punto, ci sono molti titoli della stessa categoria che hanno optato per la stessa struttura, risultando comunque più piacevoli. Il problema è qui che letteralmente tutto quello che concerne il gameplay, e quindi l’interazione e il design stesso, è letteralmente rotto.

Anche soltanto muoversi per il livello risulta una tortura, a causa di un teleport lento e impreciso da una parte, e un free locomotion chiaramente appoggiato per accontentare gli amanti del movimento libero. Come se non bastasse, Rhythm of the Universe sfrutta anche un sistema di climbing come ne abbiamo visti molti in questi anni, ma molto più grezzo e poco divertente da utilizzare. Le mani si agganceranno a caso in un’area che circoscrive i punti d’appoggio, i percorsi sono pensati da qualcuno che non ha chiaramente mai giocato in VR e – più in generale – l’espediente non aggiunge letteralmente niente all’elemento di esplorazione.

Come se non bastasse, tutti gli altri elementi d’interazione risultano sinceramente superflui, appoggiati tanto per giustificare il fatto che stiamo giocando a un videogioco, e non assistendo alla proiezione di un mediocre film d’animazione.

Ma è sul fronte della sopracitata messa in scena che ROTU Entertainment riesce addirittura a fare peggio. Tolta un’ottimizzazione chiaramente non pervenuta, che mi ha fatto affrontare praticamente tutta l’avventura a trenta fotogrammi al secondo – se va bene – nonostante un i9 di ultima generazione e una 1080TI, l’impatto grafico e scenografico di Ionia urla da tutti i pori “vorrei, ma non posso”. In pre-produzione il lavoro è stato fatto chiaramente bene, con un buon lavoro sul ritmo visivo dei passaggi che compongono l’avventura, ma è sul lato pratico che i limiti fuoriescono come da un vulcano. Texture in altissima definizione affiancate ad altre imbarazzanti, una modellazione poligonale a volte sufficiente affiancata a un lavoro sulle animazioni da Playstation 2. Insomma, pare di vedere letteralmente un concept che ha bisogno di ancora due anni di lavoro per essere effettivamente realizzato.

È imperdonabile vedere uno sforzo del genere, che chiaramente c’è stato, imporsi poi sul mercato in queste condizioni incresciose; condizioni che non fanno bene al nome della realtà virtuale, e che rischiano addirittura di allontanare da un intero linguaggio chi prova ad avvicinarcisi, affascinato da due screenshot che suggeriscono un prodotto all’avanguardia.

Davvero, e mi dispiace dirlo, in Rhythm of the Universe non funziona letteralmente niente, tanto che difficilmente vedremo gli episodi successivi a questa introduzione – perché di questo si tratta – a un universo che poteva regalarci molte gioie, ma che finisce per risultare il solito scam da quattro soldi, realizzato da chi con la realtà virtuale non dovrebbe averci a che fare. Sarò contento di smentirmi, come era già successo con Gamedust che è passata dall’orrendo Spuds Unhearted allo splendido Yupitergrad, ma fino ad allora non posso che provare soltanto grande vergogna.

Rhythm of the Universe: Ionia è probabilmente il peggior gioco in realtà virtuale che ho mai giocato nella mia vita. Il prodotto di ROTU Entertainment sbaglia letteralmente ogni tassello che compone un videogioco in realtà virtuale, e va oltre, presentandoci un prodotto amatoriale e quasi offensivo, impacchettato da blockbuster rivoluzionario. Giochi come questo fanno male alla realtà virtuale, e speriamo che anche i giocatori VR della prima ora se ne accorgano prima di allontanarsi dal nostro linguaggio preferito.

Rhythm of the Universe: Ionia è disponibile su Steam, Oculus Quest e Playstation VR dal 22 Settembre 2021.

 

 




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