Psychonauts in the Rhombus of Ruin: recensione e video recensione

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A più di dieci anni di distanza dallo splendido Psychonauts, Tim Schafer e la sua storica Double Fine Productions rispolverano il brand per una breve esperienza in realtà virtuale che si colloca esattamente tra il primo capitolo e il suo imminente seguito. Psychonauts in the Rhombus of Ruin esce nel 2017 come esclusiva temporanea per PSVR, ma approda finalmente anche su PC, compatibile con HTC Vive e Oculus Rift.

Dopo un paio d’anni, abbiamo ormai imparato a conoscere i porting da PSVR; questi si portano sempre dietro i pregi e i difetti legati al sistema di casa sony, facendo gioia e dolore della community VR per personal computer. L’ultimo capitolo di Psychonauts non è da meno e se i valori produttivi sono sicuramente più alti dei titoli VR su PC, è anche vero che questa volta i limiti del visore playstation sono palesi, seppur sfruttati con una certa furbizia.

L’ultimo titolo firmato Tim Schafer racconta le gesta di Raz e i suoi amici e incomincia esattamente dove si chiudeva il capitolo precedente. Nei panni del nostro eroe, dovremo quindi andare alla ricerca di Truman Zanotto, accompagnati dai personaggi che abbiamo imparato ad amare nel 2005 in un’avventura breve ma fitta ambientata in un’area simile al triangolo delle Bermuda.

Questa volta il gameplay si allontana fortemente dai canoni del platform e ci viene invece proposto una sorta di puzzle game in prima persona basato sul solo utilizzo del caschetto, affiancato da un controller standard. La mancanza di room scale e controller di movimento potrebbe allontanare molti giocatori abituati ormai ad un altro tipo di esperienza, ma la soluzione adottata è comunque ben ragionata, sia in termini di effettivo gameplay che dal punto di vista narrativo.

Quest’ultimo infatti ci vedrà in un primo momento seduti sulla nostra navicella per poi esser catturati e rimanere legati a una sedia per tutta la durata dell’avventura. Grazie ai poteri psichici di Raz potremo però insinuarci nella testa di tutti i personaggi che entreranno nel nostro campo visivo, muovendoci di punto in punto come fosse un sistema a nodi alla Batman: Arkham VR. Essendo dunque narrativamente ben giustificato, il tipo di sistema implementato farà storcere il naso solo in un primo momento, mentre una volta entrati nel vivo della storia ci troveremo sufficientemente a nostro agio da poterci godere una bella sceneggiatura e delle interessanti fasi puzzle.

Gli enigmi potranno esser risolti in diverse maniere sfruttando i molteplici poteri di Raz. Avremo dunque la possibilità di muovere tutti gli oggetti presenti negli scenari, toccarli e addirittura bruciarli o colpirli con una straordinaria forza cinetica. L’insieme degli elementi rende dunque i puzzle del titolo abbastanza vari da costringere il giocatore a ragionare e osservare il mondo di gioco con una certa insistenza, regalando un’esperienza densa e compatta, a discapito dell’azione.

In Psychonauts in the Rhombus of Ruin sarà infatti impossibile morire e non presenta oltretutto momenti action o concitati, ma l’ottima scrittura di Schafer riesce a tenere in piedi un ritmo piuttosto elevato nonostante la staticità e le dimensioni dei vari livelli.

La regia gioca un ruolo fondamentale e anche qui il game director riesce ad azzeccare i punti di vista e l’impianto scenografico, merito anche del gusto Selick-iano che l’ha sempre contraddistinto. L’ottima direzione artistica è poi sorretta da un buon comparto tecnico, che sebbene scarseggi in complessità poligonale a causa della sua natura risulta sempre pulito e piacevole.

Le musiche e il doppiaggio (solo in inglese) rivelano ancora di più l’alta qualità della produzione, con tutte le voci del capitolo originale e una bella colonna sonora, che presenta anche un paio di canzoni originali, di cui una scritta proprio dal suo game director.

Psychonauts in the Rhombus of Ruin si potrà concludere in poco meno di due ore senza particolari sforzi, il che – visto anche il suo gameplay rilassato – lo rende più vicino ad un’esperienza interattiva che a un videogioco vero e proprio. Nonostante la linea che separa i due generi si sia fatta oramai quasi impercettibile alcuni giocatori potrebbero trovare l’esperienza poco appagante o addirittura noiosa, mentre chi apprezza il genere e i fan del brand vorranno sbloccare anche i cinque achievement segreti che non riguardano l’avanzamento della trama, alzando l’asticella della longevità di un’ulteriore ora piena.

Questo peculiare capitolo ponte di Psychonauts ci riporta dopo più di dieci anni in uno dei mondi più amati creati da Tim Schafer e lo fa con dignità senza però i fuochi d’artificio. L’ottima scrittura, le belle trovate visive e alcuni puzzle ben congegnati faranno la gioia dei fan di vecchia data, mentre chi non conosce il brand o predilige esperienze più movimentate potrebbe trovare il titolo insoddisfacente. Io con Psychonauts in the Rhombus of Ruin mi ci sono divertito e non vedo l’ora di ributtarmi nei panni di Raz e soci con il capitolo due.

Psychonauts in the Rhombus of Ruin è disponibile dal 21 Febbraio 2017 su Playstation Store e dal 19 Aprile 2018 su Steam, compatibile con HTC Vive e Oculus Rift.

 




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