HP Reverb G2 recensione: la maturità dei visori Windows

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Se Alessandro nell’incipit della recensione di Oculus Quest 2 disse che avrebbe giustamente evitato di entrare negli aspetti più tecnici, visto l’amplissimo pubblico a cui si rivolge lo standalone di Facebook, vi anticipo già che in questa review non sarà così. Darò infatti per scontato che conosciate i termini propri del linguaggio tecnico della VR, come il FOV, lo sweet spot, il render target. Se non sapete neanche di cosa stia parlando, vi consiglio di recuperare la nostra guida tecnica. Perché da ora in poi qui si parlerà di “PC VR Master Race” all’ennesima potenza.

Che cos’è HP Reverb G2

Anche se molti di voi sapranno benissimo di cosa stiamo parlando, un breve ripasso non fa sicuramente male. HP Reverb G2 è un visore PC appartenente alla categoria dei Windows Mixed Reality (abbreviato WMR), cioè di tutta una serie di HMD fabbricati da alcune delle più note case dell’informatica che sfruttano la piattaforma software Mixed Reality integrata in Windows 10. In particolare il G2 è prodotto da HP, che per questo modello però ha collaborato con Valve non solo per la semplice integrazione con SteamVR. La casa di Half-Life infatti ha partecipato attivamente nella creazione delle lenti, del sistema audio e dello strap, per migliorare i punti deboli del precedente visore HP, ovvero il G1. Ma l’azienda di Palo Alto, mentre era invischiata nella relazione con Valve, deve aver flirtato anche con Oculus. Per i controller infatti HP ha deciso di copiare decisamente la forma dei touch del Rift e del Quest, integrandola nel sistema inside-out di Microsoft. Come ultima cosa, per migliorare lo scarso volume di tracciamento dei visori con due camere, ha deciso di aggiungerne altre due lateralmente. L’HP Reverb G2 quindi si può definire a tutti gli effetti come un visore Mixed Reality di seconda generazione. Riporto in seguito la scheda tecnica ufficiale con tutte le caratteristiche del visore.

HP Reverb G2 Headset

  • Schermo: Doppio LCD con diagonale di 2.89’’ e tecnologia Pulse Backlight.
  • Risoluzione: 2160 x 2160 pixel per occhio (4320 x 2160 pixel combinati). Matrice RGB dei sub-pixel.
  • Refresh rate: 90 Hz con le specifiche di sistema raccomandate.
  • Field of view: circa 114° in diagonale, lenti Fresnel-Asferiche.
  • Tracking: 2 camere frontali e 2 laterali montate sul visore.
  • Sensori: inside/out 6 DOF motion tracking, giroscopio, accelerometro e magnetometro.
  • Regolazione IPD: 64mm +/- 4mm con slider hardware.
  • Connessioni: DisplayPort 1.3, USB 3.0 type C, alimentatore.
  • Cavi: un cavo di 6m 2-in-1 (DisplayPort 1.3 + USB 3.0 Type C), ed un alimentatore richiesto. Adattatore da mini DisplayPort a full size DisplayPort, e adattatore da USB-C a USB-A.
  • Interfaccia meccanica: Cover facciale sostituibile.
  • Dimensioni (senza strap): 75x186x84 mm.
  • Peso (senza cavo): 550g (608g alla bilancia, n.d.r.).

HP Reverb G2 Controller

  • Sensori: HP Reverb G2 tracking, IMU, LED attivi.
  • Connessione: Bluetooth.
  • Input: pulsanti A&B (a destra) o X&Y(a sinistra), pulsante menu, pulsante Windows, grip analogico, trigger analogico, thumbstick, pulsante per il pairing (pre-pairing con il visore già eseguito).
  • Potenza: Due batterie AA per controller (incluse).
  • Dimensioni (WxDxH): 66x129x119mm.
  • Peso (senza batterie): 167g (132g alla bilancia senza batteria, 181g con batteria, n.d.r.).

Unboxing e prime impressioni

Una volta aperta la scatola dell’HP Reverb G2, ci troveremo davanti subito il visore, all’interno di un sacchetto di simil-tessuto. La prima impressione appena preso in mano è quella di un prodotto leggero e dalle ottime finiture. Per indossarlo basta aprire i tre fissaggi in velcro (due laterali e la fascia superiore) ed adattarli alla propria testa, un po’ come avviene per l’Oculus Rift CV1 e l’Oculus Quest 1. L’interfaccia che andrà a contatto con il nostro volto è di un tessuto molto morbido (come quello del Valve Index) ed un cuscino dello stesso materiale è presente nella parte posteriore. Il visore pesa un po’ di più sia del Quest 1 che del Quest 2, ma i materiali utilizzati uniti ad un perfetto bilanciamento dei pesi lo rendono in assoluto il visore più comodo che io abbia mai indossato. Forse chi preferisce l’halo design continuerà a trovarsi meglio con il PSVR o con il Rift S; personalmente ritengo che la presenza dei tre velcri, unita al fatto che il cinturino può ruotare attorno ai perni di attacco al visore, permetta di regolare ed adattare meglio il comfort alla propria testa. Lo strap inoltre può ruotare di quasi 90° verso l’alto, rendendo immediato l’indossaggio.

Proseguendo con l’unboxing, e sollevato un separé all’interno della scatola troveremo i controller, sempre avvolti in un sacchetto. Si percepisce subito che la qualità di quest’ultimi non è la stessa di quella riservata al visore: le finiture sono di livello inferiore e le plastiche sembrano più “cheap”, anche se li rendono molto leggeri. Una volta impugnati però l’ergonomia è ottima, praticamente uguale a quelli dei touch di Oculus. Il peso è sbilanciato leggermente più in avanti (anche con le batterie inserite) per via della presenza del grande anello che serve al tracciamento per le telecamere, ma visto il peso complessivo comunque molto basso non è di per sé un problema. Sempre all’interno troviamo infine una seconda scatola contenente il cavo, l’alimentatore, le batterie, un foglio di istruzioni con la garanzia e gli adattatori necessari per far funzionare il visore. Parlando proprio del cavo, notiamo subito una piccola box dalla quale partono un cavo USB-C e uno Display Port lunghi circa un metro ciascuno. E’ presente poi un piccolo foro nel quale andrà connesso l’alimentatore, che sarà sempre necessario per fornire la quantità necessaria di energia al visore. Scollegando l’alimentazione dalla box saremo sempre sicuri di spegnere il visore, peccato che HP non abbia pensato ad un piccolo pulsante per questo scopo. Dall’altra parte della box parte il cavo che andrà a collegarsi direttamente all’HMD, lungo circa 5 metri. Questo cavo è purtroppo abbastanza spesso e rigido (qui HP poteva fare di più) e potrebbe essere abbastanza fastidioso una volta a terra. Il mio consiglio, se ne avete la possibilità, è quello di farlo passare al soffitto con un sistema di carrucole come il Kiwi (lo trovate nello shop Amazon di VR Italia). Ovviamente non serve che vi dica che se a voi ormai il cavo dà fastidio come una pigna conficcata proprio lì, non ha senso neanche prendere in considerazione l’acquisto di questo visore.

Collegamenti e configurazione iniziale

Una volta estratto tutto dalla scatola, si può procedere con la configurazione iniziale. La prima cosa da fare è assicurarsi di aggiornare Windows 10 all’ultima versione disponibile. Successivamente si devono scaricare alcune app su PC: la prima si chiama “Mixed Reality Portal” e si trova nel Microsoft Store. Siccome userete l’headset principalmente con Steam, dovrete installare (se non l’avete già) l’app di SteamVR direttamente dal Negozio di Valve. Oltre a questo serve anche l’app “Windows Mixed Reality for SteamVR”, scaricabile sempre da Steam. Fatto ciò lato software avrete tutto quello che serve per iniziare: inserite le batterie nei controller, collegate il cavo al visore e poi al PC (ad una USB-C oppure una USB-A 3.0 con l’adattatore), e partirà in automatico la procedura di installazione. A più di qualche utente (me compreso) è apparso l’errore 7-14 collegando l’USB ad una porta 3.0. Questo errore sembra avere a che fare in particolare con problemi di incompatibilità con i chipset AMD della serie x570 e B550 (come il mio). A me personalmente è bastato collegare il cavo ad una porta USB 3.1 Gen2 (colorata in azzurro chiaro nella mia scheda madre) per risolvere. Molti hanno dovuto utilizzare le porte USB frontali, mentre i più sfortunati hanno dovuto acquistare un HUB USB esterno o una scheda Pci-Express interna. Speriamo che HP ed AMD risolvano a più presto l’inghippo. La procedura d’installazione, una volta partita, procede in maniera molto lineare e guidata: dovrete essere sempre connessi ad internet per scaricare qualche update. Le uniche parti attive saranno quando dovrete fare il pairing dei controller e tracciare i limiti della stanza. In particolare in quest’ultimo passaggio dovrete prendere in mano il visore e camminare lungo il confine della vostra area di gioco: una procedura che vi sembrerà arcaica se avete provato uno degli ultimi visori Oculus, ma che se va tutto bene dovrete fare solo una volta. Tutti questi passaggi vi porteranno via da mezz’ora al massimo un ora di tempo, a seconda della vostra connessione.

Cliff House: la casa dei visori Windows

Terminato il setup iniziale ci verrà chiesto di indossare il visore e di eseguire un breve tutorial. Una volta finito ci ritroveremo all’interno della Home dei visori Windows Mixed Reality, chiamata Cliff House. Essa è composta da varie stanze e qualche vista panoramica, ma è sostanzialmente vuota, così come ci appare il desktop del nostro PC una volta formattato. Al di là di qualche schermata dedicata al browser, alla posta elettronica e alla visione di video, e ad alcuni collegamenti a delle demo, non troveremo niente di utile: starà a noi riempirla con i collegamenti che più ci aggradano. Farlo è relativamente semplice: basterà premere il tasto Windows sul nostro controller per fare apparire un’utilissima finestra, che ci permetterà di “trasportare” qualsiasi icona presente nel nostro desktop all’interno della Cliff House. Attraverso questa finestra poi sarà possibile effettuare screenshot e video (purtroppo di bassa qualità) di ciò che stiamo osservando all’interno del visore, regolare il volume delle cuffie, oltre che a fare apparire il desktop del nostro PC in qualsiasi momento vogliamo vederlo. Io personalmente ho inserito un’icona bella grande di SteamVR da cliccare immediatamente una volta indossato il visore. Sarà proprio l’ambiente di Valve la vera casa per chi il G2 lo userà nel gaming. Sempre da questa finestra è possibile attivare il Passthrough, che funziona in maniera un po’ particolare: i nostri controller infatti diventeranno come delle torce e puntandoli verso una direzione ci mostreranno una porzione della nostra stanza. Ho trovato questa funzione praticamente inutile, visto che ci costringe a tenere in mano almeno un controller e la qualità di ciò che vediamo è molto scadente.

Configurazione di prova 

I requisiti di sistema per utilizzare il visore li trovate a questo indirizzo. Ho testato l’HP Reverb G2 con un PC dotato delle seguenti caratteristiche:

  • CPU: AMD Ryzen 5 3600 @3.6 GHz
  • Scheda Madre: Asus Prime B550M-K
  • RAM: 16 GB 3600 MHz
  • Scheda Video: Nvidia GeForce RTX 2060 SUPER 8 GB
  • Hard Disk: SSD Nvme PCIe 4.0 1TB

Ho provato il visore con le seguenti esperienze:

  • Esperienze SteamVR: Arizona Sunshine, Assetto Corsa, Blueplanet VR, Boneworks, Creed: Ryse to Glory, Doom VFR, Elite: Dangerous, Half-Life: Alyx, No Man’s Sky, Project CARS 2, Project CARS 3, Robinson: The Journey, Serious Sam 3 VR, Star Wars: Squadrons, Skyrim VR, The Walking Dead: Saints and Sinners, The Wizards: Dark Times, VR Regatta, Zero Caliber.
  • Esperienze Oculus (con Revive): Apex Construct, Asgard’s Wrath, Contractors, Journey of the Gods, Lone Echo, Pistol Whip, Robo Recall, Superhot VR, The Climb, Vader Immortal.
  • Esperienze su altre piattaforme: Microsoft Flight Simulator.

Esperienza d’uso e performance

L’esperienza generale con l’HP Reverb G2 è stata sempre ottima e stabile. Durante le 30 ore circa nelle quali ho provato il visore non ho mai avuto blocchi o crash, e neanche malfunzionamenti hardware. L’headset si scalda parecchio nella zona frontale, vicino all’attacco del cavo, ma non ho mai percepito calore sul viso, né ho mai avuto appannamento delle lenti. L’ottimo comfort e la stabilità in testa permettono di usarlo per ore ed ore senza fatica. I controller non sono stati ancora mappati correttamente dagli sviluppatori in tutti i giochi, ma basta scaricare i binding condivisi gentilmente dagli utenti Steam per risolvere qualsiasi problema. L’assoluta parità dei tasti con gli Oculus touch, unita alla presenza del pulsante menu su entrambi i controller, non mi ha mai fatto perdere più di 10 minuti a configurarli quando necessario. Ma è lato performance che l’HP Reverb G2 mi ha stupito più di qualsiasi altra cosa: nonostante la mia scheda video sia tra i requisiti minimi per utilizzare il visore in full resolution, giocando un po’ con il super sampling e un po’ con i dettagli dei vari giochi sono riuscito ad ottenere prestazioni stabili con tutte le esperienze provate: la piattaforma Windows Mixed Reality quindi non mi ha mai fatto da collo di bottiglia. Non sono riuscito a trovare la quadra solamente con due giochi: The Climb rimaneva fisso a 60 fps qualsiasi cosa provassi a fare (probabilmente per colpa di un bug), mentre Flight Simulator è veramente troppo pesante, ed è giocabile con la mia scheda solo a risoluzioni tipiche dei visori di prima generazione. Nei giochi più esigenti come i simulatori interviene la riproiezione che funziona molto bene e garantisce un’ottima fluidità fino a che il frametime rimane sotto i 17-18 ms: oltre questa soglia si inizia a notare qualche rallentamento di troppo. Nei giochi dove sono riuscito a raggiungere il 100% di render target (ovvero 3184 x 3096 per occhio) come Doom VFR o The Walking Dead: Saints and Sinners la pulizia visiva è assolutamente straordinaria. Facendo un paragone con Oculus Quest 2 collegato con il PC via Link o Virtual Desktop, a parità di render target l’immagine del G2 appare più definita, ma non solo questo. Sempre a parità di render target, con i giochi che con il G2 mantengono i 90Hz devo scendere a 72Hz con il Quest 2, oppure abbassare ulteriormente la risoluzione. Il collegamento via Display Port si rivela quindi ancora necessario per ottimizzare il rapporto tra resa visiva e richieste hardware. Piccola parentesi per i giochi Oculus: tramite un tool esterno chiamato Revive è possibile eseguirli tranquillamente anche con il G2. Ho dovuto solamente mappare un tasto in più per riuscire ad aprire i menu dei vari giochi, ma per il resto i controller funzionano perfettamente. A livello di performance anche qui sono rimasto stupito: alcuni giochi (tra cui Asgard’s Wrath) girano meglio con il G2 che con il Quest 2 e il cavo Link. Che il G2 possa prendere il posto di quel Rift 2 che Facebook non ha voluto fare?

Il display, ovvero il fiore all’occhiello dell’HP Reverb G2

Il doppio pannello LCD con risoluzione 2160×2160 per occhio e matrice RGB dei sub-pixel è sicuramente il pezzo forte del visore. La risoluzione così elevata ci farà finalmente dire addio allo screendoor effect, che sarà visibile solo come una leggerissima patina quando osserveremo uno sfondo molto chiaro. In queste situazioni si potrebbero notare anche delle blande bande più scure (forse un po’ di mura?) ma io personalmente me ne sono accorto solo dopo una decina di ore, tanto per rendere l’idea di quanto poco danno fastidio. Visto che il G2 è stato concepito come un headset cablato, gli ingegneri di HP hanno avuto la brillante idea di sfruttare al 100% la presenza del cavo. Per questo motivo hanno reso obbligatorio l’utilizzo dell’alimentazione esterna, grazie alla quale hanno potuto indirizzare molta più potenza al visore. Ciò ha permesso di potenziare moltissimo la retroilluminazione dei display LCD senza aumentare la persistenza (causa dell’effetto ghosting) e i risultati si vedono tutti. I colori sono talmente vividi che spesso sembrano esplodere in faccia, i contrasti sono ottimi e non fanno rimpiangere un pannello OLED, e soprattutto l’illuminazione raggiunge livelli assurdi. Osservare le fonti di luce più forti con il G2, come il riflesso del sole sul mare in Flight Simulator, o sull’asfalto in Assetto Corsa, costringe a socchiudere gli occhi proprio come si farebbe nella realtà. I giochi con grafica cel-shading e stilizzata, come Journey of the Gods e Pistol Whip, programmati per essere goduti con i visori standalone, sono paradossalmente quelli che mi hanno stupito di più sul G2, proprio per la rappresentazione fantastica dei colori. Dove il display soffre un po’, come ogni LCD, è nella resa dei neri: nelle ambientazioni completamente scure infatti i pixel non si spegneranno mai come in un OLED, e quindi il massimo ottenibile sarà sempre un grigio molto scuro. In Vader Immortal per esempio, dove quasi tutte le scene sono ambientate in zone molto buie, il display del G2 inizierà a faticare (anche se molto meno di visori LCD concorrenti). Quando accenderemo per la prima volta la spada laser però, potremo quasi sentirne il calore, e non ci sembrerà più di avere fra le mani un giocattolo della Hasbro. Il prossimo step sarà probabilmente un pannello OLED 4K con matrice RGB, ed allora sì che potremo dire di avere tutto dalla vita. Sony, se ci sei, batti un colpo…

Le lenti, croce e delizia

Un pannello ad elevatissima risoluzione non avrebbe senso senza una lente che ne esalti la nitidezza. Basti pensare che molti (me compreso) al passaggio dal Quest 1 al Quest 2, nonostante l’SDE notevolmente diminuito, non abbiano notato quel salto dato dal raddoppio dei sub-pixel. Le lenti totalmente Fresnel infatti non permettono quella chiarezza necessaria a sfruttare completamente una risoluzione così elevata. Cosa che invece consente una lente asferica, introducendo però altri problemi: maggiori distorsioni e minore FOV possibile (anche se qui il dibattito è acceso). Le lenti dell’HP Reverb G2, progettate da Valve, sono state il motivo principale del ritardo del visore sul mercato. Esse sono state riviste rispetto a quelle presenti nelle unità di pre-produzione per ridurre i riflessi e migliorare la nitidezza. Con le lenti del G2 Valve ha cercato di unire i vantaggi delle due tecnologie (Fresnel e asferica) creando una lente ibrida, con al centro una piccola asferica circondata da una Fresnel. Ma in questo modo è riuscita veramente a creare la lente perfetta? Purtroppo devo rispondere di no a questa domanda. La parte asferica centrale permette sul serio di catturare dettagli impossibili da vedere con altri visori. Con le lenti del G2 sono riuscito a notare dei sottili fili elettrici che passano all’interno della mano di Jack, l’androide protagonista di Lone Echo. Ho visto i punti di saldatura dei microchip installati nei guanti gravitazionali di Alyx in Half-Life. Mi è saltata all’occhio la cura delle texture degli avambracci del personaggio elfo di Asgard’s Wrath, con tanto di pori della pelle e peli ben visibili. Le esperienze che utilizzano la fotogrammetria come Blueplanet VR diventano praticamente reali. Insomma, qualsiasi gioco visto all’interno del G2 diventa un’esperienza diversa, più vicina che mai alla resa visiva di un buon monitor.

Però mi duole dire che questa chiarezza estrema è presente solo in una porzione limitata del campo visivo: dopo circa un 15-20% del FOV infatti entra in azione la parte Fresnel, e l’immagine diventa più sfocata, anche se sempre perfettamente leggibile (a parte i bordi estremi). Non c’è uno stacco netto, ma una transizione costante muovendo gli occhi verso i bordi. Ma ciò in pratica cosa comporta? La fovea dell’occhio umano (la parte dell’occhio che riesce a catturare il maggior numero di dettagli) copre all’incirca solo 1,5° del campo visivo: per questo motivo quando saremo nel pieno dell’azione in VR non noteremo mai lo stacco. Quando invece siamo fermi ad osservare un paesaggio, oppure dovremo leggere una scritta a tutto schermo, ecco che lì tendiamo a muovere le pupille invece che girare la testa, e noteremo la transizione della sfocatura. Il problema delle lenti del G2, quindi, non è uno sweet spot molto ridotto, come molti dicono, ma è proprio questo passaggio tra l’estrema nitidezza della parte asferica e la sfocatura maggiore creata dalla parte Fresnel. Per questo motivo c’è da riporre ancora nel cassetto la possibilità di usare il visore per lavorare, creando la propria postazione virtuale multi-monitor. Anche la visione di film sarà ancora un po’ castrata rispetto all’esperienza che si può avere con un buon TV o al cinema. La scelta d’altronde era tra una lente totalmente Fresnel (che avrebbe garantito una nitidezza minore ma più costante lungo la maggior parte del FOV) e la scelta di Valve. In attesa di una tecnologia veramente rivoluzionaria (e che l’eye tracking diventi mainstream) ritengo che la decisione presa sia la “meno peggio” tra quelle possibili. A proposito di FOV, quello del G2 è assolutamente in linea con quello della maggioranza dei visori in commercio: 90° orizzontali e poco meno di 100° verticali. La mascherina del G2 tiene le lenti abbastanza distanti dagli occhi per permettere di indossare anche un paio di occhiali di media misura. Per questo motivo c’è spazio di manovra per utilizzare soluzioni diverse (ne stanno già uscendo in queste settimane) che permettono di tenere le lenti più vicine agli occhi, con annesso aumento del FOV e dello sweet spot. La presenza delle Fresnel non rende il G2 nemmeno immune ai God Rays, che inizieranno a dare un po’ di fastidio solo quando ci troveremo in presenza di ambienti scuri con delle fonti di luce localizzate molto forti. Non baratterei mai però l’estrema luminosità del display con l’assenza totale dei raggi divini. Presente sotto il visore il cursore per regolare l’IPD: il range ammissibile va da 60 mm  a 68 mm.

Audio perfetto, microfono da rivedere

Il sistema audio dell’HP Reverb G2 deriva direttamente da quello del Valve Index, e non potevamo chiedere di meglio. Gli altoparlanti (non sono cuffie) progettati da Valve sono semplicemente il miglior sistema sonoro utilizzabile in un visore. Probabilmente non avranno la qualità e i bassi delle cuffie più costose, ma il fatto che siano staccate dall’orecchio di circa un centimetro garantisce un’immedesimazione senza pari. Valve ha pubblicato un trattato nel quale spiega il perché ha voluto adottare questa soluzione. Io voglio aggiungere solo una cosa: sentire il sound del V8 in Project Cars provenire distintamente dal retro della Ferrari 488 che stavo guidando mi ha fatto accapponare la pelle più di una volta. I suoni 3D infatti sembrano provenire sempre da una direzione ben precisa e mai da un qualcosa appoggiato all’orecchio. Se proprio volete usare a tutti i costi un paio di cuffie, sappiate che devono essere wireless: nel visore infatti non è presente l’entrata jack. Presente invece un doppio microfono, che ha una resa accettabile ad una condizione: bisogna abbassare il volume impostandolo circa al 50%. Il guadagno con il volume al massimo infatti è troppo elevato e crea distorsioni. Un problema risolvibile sicuramente con una patch.

Controller, HP è intelligente ma non si applica

I controller, come ho detto prima, non trasmettono la stessa qualità del visore. Purtroppo la tendenza ad utilizzare delle plastiche più economiche è stata seguita anche da Oculus per i touch del Quest 2, ciò non giustifica comunque la scelta di HP. In ogni caso l’ergonomia è ottima, pesano il giusto e non li ho mai trovati poco confortevoli durante l’utilizzo. Anzi, il fatto che la parte “piatta” (dove alloggiano il thumbstick ed i pulsanti) rispetto all’impugnatura abbia un’inclinazione inferiore, me li ha fatti preferire rispetto agli ultimi controller di Facebook (ma qui ammetto che si entra nel personale). Inoltre sono un po’ meno tozzi, ma comunque più grandi dei touch del Rift S e del Quest 1, quindi più simili come dimensioni ai touch del CV1 che rimangono tutt’ora i miei controller preferiti. Gli anelli dove alloggiano i LED per il tracking rimangono purtroppo della stessa grandezza dei vecchi controller WMR, e può capitare che vengano a contatto in alcune situazioni di gioco, come quando si ricarica la pistola. La buona notizia è che sembrano molto resistenti agli urti, ed il fatto che la staffa “ad L” che li connette al controller sia flessibile permette di scaricare meglio l’energia in caso di botta accidentale. I pulsanti sono esattamente uguali come numerazione e come posizione a quelli dei touch Oculus, e questo non può che favorire la compatibilità nei giochi (come visto prima). I pulsanti A/B e X/Y sono un po’ più piccoli e hanno molta meno corsa rispetto alla loro controparte, ma non ho mai trovato questo un problema. Anche i trigger hanno un po’ meno corsa, pur rimanendo analogici, mentre i thumbstick sono veramente molto simili. Troviamo infine un pulsante Windows (che apre sempre quella finestra vista quando parlavo della Cliff House) ed un pulsante menu per ciascun controller. In questo caso quindi si guadagna un pulsante rispetto ai touch Oculus, cosa che può sempre rivelarsi utile in alcuni giochi.

Una pecca che hanno i controller del G2 rispetto agli Oculus touch è la mancanza di sensori capacitivi: questo vuol dire nessuna possibilità di tracciamento delle dita. Ciò si rivela un problema per chi ama le esperienze social come VRChat, visto che molte gestualità saranno impossibili da fare. Nei giochi testati per questa review sinceramente non ne ho mai sentito la mancanza, visto che il trigger ed il grip sono sufficienti per mappare l’indice alzato ed il pugno. Una cosa che invece mi è piaciuta poco è la vibrazione: troppo forte e rumorosa in molte occasioni. Spero che HP possa regolarne meglio l’intensità con un aggiornamento, visto che si tratta solo di smorzare un po’ il picco massimo. Il difetto più grave però di questi controller è legato al tipo di batterie richieste. Essi infatti funzionano con due batterie AA ciascuno, quindi per non spendere troppo in alcaline conviene utilizzare delle ricaricabili. Il problema è che le batterie ricaricabili più diffuse (che sono Ni-MH) forniscono 1.2V, che non sono sufficienti per alimentare a dovere questi controller. Essi infatti hanno bisogno assolutamente di pile almeno da 1.5V, pena l’insorgere di alcuni problemi come errate letture del livello di carica, spegnimento della vibrazione e possibili problemi di tracciamento. Se cerchiamo delle ricaricabili che vanno bene dovremo rivolgerci alle più costose stilo al litio (che si ricaricano via USB, tipo queste) oppure alle batterie Ni-Zn (come queste) che hanno bisogno però del loro caricatore. Io ho fatto quest’ultima scelta, ma tra 8 batterie e caricabatterie ho speso circa 50 euro, spesa che non avrei fatto altrimenti possedendo già molte Ni-MH. Perlomeno il consumo è molto buono e in circa 30 ore di utilizzo ho dovuto sostituirle solo una volta. In ogni caso HP dovrebbe informare l’utente su questo aspetto e magari fornire già quattro batterie al litio ricaricabili nella confezione, invece delle classiche alcaline scarse e che si esauriscono dopo poche ore.

Tracking o non tracking, questo è il dilemma

Il sistema di tracciamento dell’HP Reverb G2 è di tipo inside-out ed affidato a quattro telecamere poste sul visore, due frontali e due laterali. I visori Microsoft sono stati i primi ad implementare questa tecnologia, usata e perfezionata poi anche da Oculus. L’innegabile vantaggio è quello che non serve alcun sensore esterno, lo svantaggio è che per forza di cose ci saranno sempre delle zone nelle quali i controller non potranno essere visti dalle telecamere. Come tutti i sistemi inside-out, anche quello di Microsoft ha bisogno di due condizioni per funzionare al meglio: una luce ambientale di media intensità (né troppo debole, né troppo forte) e l’assenza di superfici estese dal colore uniforme (come i green screen, per esempio). A differenza del sistema di Oculus, che si basa sull’infrarosso, il tracking del G2 sfrutta la luce visibile, sotto forma di una serie di LED posti nell’anello dei controller. Quindi alle condizioni viste prima, con i visori Microsoft occorre aggiungerne una terza, e cioè non ci devono essere nella stanza fonti di luce molto forti e localizzate. Una finestra senza una tenda davanti, un pannello luminoso tipo quelli utilizzati dagli youtuber, anche le luci dell’albero di natale, sono tutte fonti luminose che disturbano il tracking del G2. Io nel mio studio con la finestra oscurata, un lampadario con tre faretti che puntano le pareti e il monitor acceso, non ho avuto mai nessuna esitazione del tracciamento. Se non ci credete, recuperatevi la live che abbiamo fatto poco tempo fa.

Quindi il tracciamento dell’HP Reverb G2 è perfetto e sono tutti dei “racconta-balle”? Assolutamente no, ma i problemi, anzi l’unico problema che ha il tracking del G2 non è correlato al malfunzionamento del sistema inside-out, ma alla posizione delle telecamere. Al contrario del Quest 2 infatti, il G2 ha solo due telecamere rivolte frontalmente. Immaginiamo di estendere le braccia dritte davanti a noi: se le muoveremo lentamente verso l’alto, perderemo il tracking ad un’angolazione di circa 40°. Verso il basso invece lo perderemo a circa 70°, sempre rispetto alle braccia estese davanti al nostro viso. Questo cosa comporta? Che quando terremo le nostre braccia in posizione di riposo lungo i nostri fianchi, le telecamere non riusciranno a tracciare i controller. Quindi se avremo in mano un’arma lunga come una spada o un arco, la vedremo come bloccarsi, salvo recuperare immediatamente la posizione una volta portata davanti al nostro volto. Questo difetto durante le mie prove non ha mai influito sulla precisione del tracciamento, visto la rapidità estrema con cui le telecamere recuperano la posizione del controller una volta che entra nel campo visivo. Semplicemente spezza un po’ l’immersione, e a volte richiede di modificare la nostra posizione di riposo (per esempio quando usiamo un puntatore laser) tenendo l’avambraccio piegato di 90° invece che lungo il corpo. Quindi la posizione delle telecamere del Quest 2 è migliore? Sì e no. Con il G2 per esempio, non ho mai avuto problemi a lanciare una granata, col Quest 2 più di qualche volta mi è caduta sui piedi. Con l’arco se siete abituati a portare la mano che tende la corda sotto il mento, va meglio il Quest 2, se invece preferite portarla a lato della testa, meglio il G2. Nel gioco VR Regatta per esempio, si deve governare la barca a vela agendo sul timone che si trova dietro di noi, ed in questo caso con il Quest 2 il gioco diventa quasi inutilizzabile. Il senso del mio discorso vuole essere che, in base alle esperienze che volete fare, potrebbe risultare migliore il posizionamento delle telecamere di un visore piuttosto che di un altro. Probabilmente usare sei telecamere, aggiungendo le due laterali del G2 alle quattro del Quest 2 sarebbe la soluzione ideale.

In tutte le esperienze che ho provato non ho mai trovato limitante l’assenza di tracciamento verso l’alto, anche perché quando teniamo le mani in movimento, i sensori interni dei controller uniti all’algoritmo predittivo della posizione fanno un ottimo lavoro. Portare le mani dietro la schiena non causerà mai problemi se i movimenti saranno abbastanza rapidi. Non ho notato neanche difficoltà quando i controller vengono portati molto vicini al viso: in Creed: Ryse to Glory ho sempre parato i colpi senza problemi, e non ho mai avuto difficoltà ad usare i mirini di precisione. Due o tre centimetri di distanza dal visore bisogna tenerli pena la perdita del tracciamento, ma non ho trovato questo fattore invalidante nei giochi. Ovviamente la latenza dei movimenti è pari a zero, cosa impossibile da ottenere con un visore che funziona in streaming. Per concludere quindi il tracking del G2 (come quello del Quest 2) non mi ha mai fatto venire la voglia di spendere 600 euro per comprarmi gli Index controller e le Base Stations, nonostante la loro evidente superiorità. Chi volesse però unire le qualità del display del G2 al tracking della piattaforma hardware di Valve, sappia che si può fare. Si deve solo seguire una procedura neanche troppo complessa (faremo uscire probabilmente anche noi una guida a breve) e prepararsi ad aprire il portafoglio.

Conclusioni: ecco perché l’HP Reverb G2 è un visore finalmente maturo

HP con il suo G2 ha finalmente fatto raggiungere la maturità alla piattaforma Windows Mixed Reality, ma non perché il G2 sia il visore perfetto, oppure il visore definitivo. In fondo qualsiasi essere umano a 18 anni non può sentirsi ancora pienamente realizzato. Il G2 è semplicemente il primo visore Windows che può non far rimpiangere un Oculus, o un Index, perché permette di usufruire delle stesse esperienze senza creare problemi insormontabili. L’elevata risoluzione del display unita all’incredibile nitidezza della parte centrale delle lenti lo rendono ancora il visore migliore per gli amanti dei simulatori, che non dovrebbero avere dubbi nell’acquistarlo. Ma i miglioramenti in due aspetti chiave che non funzionavano nei precedenti WMR, ovvero il volume di tracciamento ed i controller, lo rendono finalmente un prodotto appetibile per tutti quelli che vogliono fare un upgrade dai visori Oculus PC-only, senza spendere più di mille euro. Chi possiede già il Valve Index, dovrebbe chiedersi quanto per lui la risoluzione sia più importante del FOV e del refresh rate, sapendo che non deve necessariamente rinunciare agli Index Controller. A chi pensa invece che la realtà virtuale debba essere prima di tutto libertà ed immediatezza, voglio solo dire che non serve continuare ad esaltare i difetti di questo visore. Semplicemente il G2 non fa per voi, e non c’è niente di male in questo.

HP Reverb G2 in pillole

PRO

  • Il miglior display presente ad oggi in un visore consumer
  • Il visore out-of-the-box più confortevole che io abbia mai indossato
  • La nitidezza estrema della parte centrale delle lenti esalta i dettagli più piccoli
  • L’audio è semplicemente la migliore soluzione nel mercato VR
  • Il rapporto tra qualità visiva e performance richieste è più alto della concorrenza
  • I controller hanno un’ergonomia molto simile ai touch di Oculus
  • Il tracking non fa rimpiangere troppo soluzioni più costose

CONTRO

  • Il cavo è ancora un ingombro concreto
  • La nitidezza massima delle lenti è concentrata in un punto ristretto
  • I controller hanno ancora qualche difetto e mancanza
  • Servono delle buone batterie da 1.5V almeno
  • Il tracciamento inside-out presenta dei punti ciechi
  • Qualche incompatibilità hardware e software di troppo

HP Reverb G2: prezzo e disponibilità

Il prezzo di listino dell’HP Reverb G2 è di 699 euro, un prezzo che ritengo in linea con quello che offre. La disponibilità e la reperibilità sono purtroppo scarse: sul sito ufficiale HP Italia risulta non disponibile, come anche su Amazon.es (dove era preordinabile in estate). In Europa è possibile ordinarlo su Bestware.com, con consegna stimata a Febbraio 2021 (Bestware consegna senza problemi in Italia dalla Germania).

 

 

 




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