Dead Island 2 | la recensione | PS5

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Giocato su PlayStation 5

Più di dieci anni fa usciva Dead Island, l’action di Deep Silver che ben prima di Dying Light ci metteva a disposizione una grossa mappa soleggiata dentro alla quale devastare orde di morti viventi, attraverso le nostre armi di fortuna. Era un gioco semplice, eppure divertentissimo nel suo bilanciamento tra scontri sempre tesi, recupero delle risorse e gestione dell’inventario. A distanza di ben dodici anni, dopo lo spin-off Riptide e dopo un’attesa infinita che ci aveva fatto pensare al peggio, ecco arrivare il suo seguito ufficiale: un gioco di zombie che sembra uscito da un’epoca ormai lontana, ma che riesce a restituire ancora discrete soddisfazioni.

La California è oramai in quarantena. Orde di morti viventi si aggirano a gran velocità tra le strade di Los Angeles e dintorni, attaccando senza pietà qualsiasi cosa si muova. Un gruppo di personaggi dal passato ancora ignoto sta scappando a bordo di un aereo, che tuttavia viene abbattuto nel momento in cui si scopre che un infetto sta viaggiando insieme a loro. Voi e un’altra manciata di sopravvissuti riuscite a sopravvivere, ma le vostre disavventure sono appena iniziate, e l’obiettivo rimane nuovamente quello di prima: scappare dalla città degli angeli.

Dopo quella che non stento a definire l’intro cinematica più brutta della storia del videogioco moderno, dovrete quindi scegliere quale tra i sei protagonisti a disposizione interpretare: ognuno con le sue personali abilità e la sua personale backstory. Una partenza un po’ alla Borderlands, che rivela però subito le sue carte rispetto al contenuto. Diciamolo subito: Dead Island 2 procede dall’inizio alla fine con il pilota automatico, con rare – anzi rarissime – variazioni sul tema. La meccanica principale del gameplay gravita attorno al combattimento ravvicinato con armi di emergenza, recuperate qua e là per il mondo di gioco e modificate a dovere con bonus quali fuoco, acqua, elettricità e così via. Niente che non abbiamo già visto in dozzine di prodotti analoghi, esplorati anche con più profondità rispetto al prodotto di Dambuster Studios, ma qui quello che conta è altro: l’immediatezza di un design asciutto, ma in qualche modo efficace.

Oltre a menare le mani, in Dead Island 2 dovremo anche esplorare le molte macro aree disponibili, in cerca dei personaggi legati alla sua narrativa principale, scovando missioni secondarie, recuperando oggetti e armi, e modificandole sui banchi di lavoro. Sembra davvero un gioco uscito fuori da un’altra generazione rispetto alla sua semplicità, e questo – attenzone – non è necessariamente un male. Stiamo vivendo da qualche anno un periodo storico in cui le software house fanno a gara a fare il videogioco con dentro più roba possibile: open world zeppi di attività secondarie superficiali, che propongono design mosci o appena abbozzati, in funzione – solo e soltanto – di aumentare il valore legato alla longevità. Dead Island 2 se ne frega con una certa onestà, e decide di proporre una cosa e una soltanto: a costo di risultare indigesto a chi è abituato ai giochi a mondo aperto che strizzano l’occhio al prodotto Ubisoft più generico.

Il grande limite e – di conseguenza – la grande forza di Dead Island 2 è quella di essere un prodotto a misura di essere umano, che non vuole essere totalizzante nella sua esperienza dritta e modesta, e che si può finire serenamente in poco più di una decina d’ore nella sua Main Quest. È un prodotto che ha il solo obiettivo di divertire chi sta giocando, attraverso azioni ripetitive ma soddisfacenti, scandite da una manciata di boss fight eccezionali, soprattutto nel loro elemento pulp, raccontando una storia che per una volta – in questo genere – non risulta un mero pretesto per menare le mani.

La narrativa di Dead Island 2 mi ha stupito. Non perché sia particolarmente brillante o perché proponga grandi snodi narrativi, ma perché non è appiccicata al gameplay con lo sputo, sia nella main, che nelle side quest. Non stiamo parlando di The Witcher 3, sia chiaro, ma i personaggi del mondo di Dead Island sono vagamente interessanti, spesso divertenti, e propongono storie e racconti tutt’altro che dimenticabili.

Non è un capolavoro, e la ripetitività a volte si fa davvero importante, ma forse Dead Island 2 non nasce per esser giocato tutto d’un fiato, con l’avidità che ha contraddistinto le nostre partite a Elden Ring, ma come un simpatico passatempo: competente e pieno di piccoli guizzi, ma incapace di rimanere scolpito nelle nostre memorie a lungo termine.
La colpa è anche di un elemento ruolistico non così stimolante, che sostituisce a numeri e parametri della buld delle semplici carte abilità: non particolarmente divertenti da mischiare tra loro. 

La difficoltà, poi, non è bilanciata con troppa cura, specialmente nel single player. Dead Island 2 si può infatti giocare sia in gruppo, fino a tre giocatori, che in single player, andando a far perdere un po’ di quel divertimento squisitamente cooperativo tipico delle produzioni analoghe. Vien da sé che nell’intimità di una run portata avanti in solitaria sarà più difficile buttar giù mostri e orde pensate per un attacco su più fronti, magari giocando con il mix di abilità uniche dei protagonisti. Questo non sarebbe un grosso problema se l’aggressività degli nemici andasse a scalare in rapporto, cosa che invece non succede, e che ci porterà al game over in più di un’occasione, per lo più nella seconda metà dell’avventura; oltretutto, quella meno ispirata.

Se devo dirla tutta, c’è un elemento che credo che farò fatica a dimenticare di Dead Island 2, ed è il suo sontuoso comparto visivo. Il titolo distribuito da Deep Silver è graficamente eccezionale; un po’ perché riesce a proporre un comparto prettamente tecnico davvero all’avanguardia – soprattutto per quanto concerne il colpo d’occhio degli ambienti, i modelli poligonali, e l’illuminazione – e un po’ perché la direzione artistica è qui inaspettatamente brillante. È sempre difficile riuscire a catturare l’essenza di un luogo magico com’è Los Angeles, ma in quel di Dambuster Studios sono riusciti nell’impresa di coadiuvare la bellezza dei suoi cieli cristallini, a quel respiro tipicamente al neon dei suoi contesti più notturni. Spiccano il tal senso le primissime ambientazioni, la meravigliosa Venice Beach, un luna park abbandonato e terrificante. Funzionano meno i contesti più chiusi e anonimi come le fogne, metro e qualche altro interno, ma in generale l’esperienza visiva di Dead Island 2 è una delle più soddisfacenti che ho vissuto ultimamente, specialmente su console; specialmente nel contesto di un open world a zone.

Nella sua semplicità, Dead Island 2 mi ha fatto riscoprire la gioia di massacrare i morti viventi senza sovrastrutture altre, senza avere altre centocinquanta cose da fare, facendomi concentrare sul paio di elementi che propone dall’inizio alla fine dell’avventura. È un videogioco da viversi col cervello in modalità “risparmio energetico”, facendosi affascinare da un impatto tecnico eccellente, e facendosi guidare dalle motivazioni di protagonisti e comprimari, per poi passare al prodotto successivo. Non è un’esperienza indimenticabile, non sarà mai il gioco preferito di qualcuno, ma Dead Island 2 è riuscito in un’impresa non da poco: farmi sinceramente divertire dall’inizio alla fine del suo racconto, tra noti attori di Hollywood, musicisti ubriaconi, e combattenti dal cuore d’oro.

Dead Island 2 è disponibile dal 21 aprile 2023 al prezzo di 69,99€ su PlayStation 5, PC e Xbox.

 




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