Throw Anything: la recensione

Ovvero come ho imparato a preoccuparmi e a temere per il futuro della VR.

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La mia pazienza ha un limite, ed è stato dolorosamente superato dai Coreani di Visual Light con il loro esordio Throw Anything.

La realtà virtuale, a due anni dal lancio dei visori di prima generazione, conta di una percentuale imbarazzante di titoli brutti al limite dell’offensivo. Questa percentuale è pericolosamente alta se paragonata a qualsiasi medium, genere e linguaggio esistente sul nostro pianeta, tanto che non fatico a prendermi la responsabilità di dire che un 95% abbondante dei titoli VR presenti sul market di Steam sono oggettivamente spazzatura, che in confronto il catalogo della Asylum pare la cinquina dei migliori film candidati all’oscar nel ’75. Se da una parte Steam ha deciso di rendere possibile a tutti un’uscita sulla loro piattaforma favorendo le produzioni indipendenti, dall’altra lo stato in cui è ridotto il parco giochi VR (e non solo) è scandaloso, tanto che probabilmente non sarebbe male adottare politiche più restrittive con un minimo di controllo qualità da parte di Gabe e soci, poiché quello che fa Throw Anything è a dir poco vergognoso.

Dunque come anticipato (si è capito?), di titoli brutti il mercato VR è zeppo, ma fino a quando la forma legata alla presentazione del prodotto è grossomodo in linea con la qualità effettiva del titolo ci si può, tappandosi il naso e chiudendo gli occhi, passare in qualche modo sopra. Probabilmente qualcuno si è accorto che producendo un gioco brutto e presentandolo in pagina con un titolo in Comic Sans giallo appoggiato su uno screen sgranato è difficile tirar su quattrini ed in soccorso sono arrivati i ragazzi di Visual Light, risolvendo il problema con un colpo da maestri.

La cosa irritante di Throw Anything è che un gioco sviluppato plausibilmente in una settimana e senza alcuna competenza abbia il coraggio di presentarsi con un buon trailer, un mucchio di screen e artwork sgargianti, un sito ben fatto, una descrizione esaustiva e addirittura una serie di fumetti che introducono il titolo. Questo fa rabbia, perché è chiaro come la maggior parte del budget e degli sforzi sia stata messa soltanto nel marketing legato ad un prodotto che tuttavia non esiste.

In Throw Anything dovremo, dal balcone di un palazzo, lanciare oggetti di varia natura a degli zombie che lo stanno scalando per arrivare alla nostra posizione. Ora, il concept (per quanto semplicistico) potrebbe anche essere interessante per una mezz’ora passata in leggerezza, ma Visual Light decide di fare di tutto per rendere aberrante la sua creatura.

Prima di tutto l’angolo delle mani è totalmente sbagliato, rendendo difficile capire cosa si sta colpendo e in che direzione lanciare gli oggetti; come se non bastasse il puntatore che serve ad attirare i vari pezzi di appartamento è indirizzato verso un angolo ancora diverso, che fa capire come tutto ciò che hanno i simpatici coreani hanno messo in atto sia dovuto esclusivamente al caso. Il gioco in sé, poi, è di una bruttezza disarmante e costringendoci ad eliminare tutti gli zombie per sbloccare il livello successivo riesce ad insegnare, minuto dopo minuto, come NON va sviluppato un videogioco.

Throw Anything riesce oltretutto a rendere brutto uno stile estremamente piacevole come quello del low poly, insiste con una musica martellante e inascoltabile per tutta la durata del gioco e fa generalmente e costantemente il contrario di ciò che oggi riconosciamo come buon game design. Nelle piccole stanze in cui ci troveremo ad affrontare gli zombie non ci si può muovere con un sistema di locomotion interno, ma sia mai che la stanza sia adattiva (come succede invece in titoli analoghi come Job Simulator) per poterla quantomeno sfruttare da punti di vista differenti. Non esiste poi un menù in-game che permette di regolare impostazioni, volumi o spegnere la partita, tanto che l’opzione di buttarsi da quel dannato balcone per farla finita si fa verosimile già dopo i primi secondi di gioco.

E’ vergognoso che un titolo come Throw Anything esista, perché è una truffa ai danni del consumatore, la morte del mercato VR e la conferma che per due soldi, qualcuno, è disposto ad ammazzare con nonchalance un intero linguaggio.
Se è vero che il videogiocatore medio è lamentino per definizione, in questo caso bisognerebbe seguire il suo esempio e distruggere tutti quei prodotti che fanno male, che hanno dalla loro soltanto una furbizia imprenditoriale di bassa lega e che vanno boicottati in massa per non rischiare che prendano il mano il cento per cento del market VR.

Magari tra un paio d’anni, quando Throw Anything sarà uscito dall’early access sarà un gioco sufficiente, ma ciò non giustifica il fatto di immettere sul mercato un titolo pericoloso per i giocatori, per le SH che provano a fare qualcosa di buono e per il mercato videoludico. In galera dovreste andare, in galera.

Throw Anything è disponibile dal 28 Febbraio 2018 su Steam.

 




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