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Stride Fates | la recensione | Quest, PCVR

Giocato su Meta Quest 3

C’era una volta Mirror’s Edge, lo splendido gioco di Dice che ci fece provare per la prima volta l’ebbrezza del parkour e dei salti a cento all’ora di grattacielo in grattacielo. Joy Way, dopo aver provato a replicare la formula con Stride qualche anno fa, senza però aver proposto una vera e propria campagna, esce in questi giorni con una sorta di spin-off incentrato esclusivamente su un’avventura a singolo giocatore. A una prima occhiata Stride Fates è un prodotto adrenalinico e divertentissimo, ma in quel di Joy Way saranno riusciti veramente a restituirci il gioco che stavamo aspettando?

Parliamoci chiaro: Joy Way non è mai stata sinonimo di qualità. Da Outlier a Dead Hook, lo studio specializzato in VR ci ha sempre proposto titoli con un concept interessante, che veniva però esplorato sempre male, in maniera estremamente grezza e piuttosto superficiale. Amici e amiche, possiamo però finalmente dichiarare che la maledizione dello studio si è spezzata, perché Stride Fates è decisamente il miglior gioco di Joy Way, pur con ancora molti elementi da migliorare. 

Nei panni di una sorta di poliziotto del futuro specializzato in parkour, dovrete risolvere questo o quell’altro problema correndo da una parte all’altra della città, ed eliminando ogni nemico che vi ritroverete di fronte. A livello narrativo, quindi, Stride Fates non è niente di particolarmente entusiasmante, ma la premessa funziona, e ci da modo di esplorare una quindicina di livelli sufficientemente diversificati, in compagnia delle nostre doti atletiche e di una manciata di armi con cui devastare le forze avversarie. 

Il design rimane quello dello Stride precedente: si corre, si salta, si corre e si salta sui muri, ci si arrampica, e si spara a una serie di nemici di una stupidità disarmante, messì lì come carne da macello per farci semplicemente divertire. La grande differenza rispetto al capitolo precedente è che le mappe di Stride Fates presentano un level design più che dignitoso, e sono strutturate come l’avventura che avremmo sempre voluto vedere attraverso il game loop preso in esame. Vi ritroverete quindi, ad esempio, a correre su un tetto, per poi posizionare un drone che vi permette di usare un rampino e passare quindi a un altro edificio. E poi, magari, a infiltrarvi dentro il suddetto, passare di soppiatto attraverso un condotto d’areazione per eliminare qualche nemico, risolvere un puzzle, recuperare una chiave ed estrarre attraverso un elicottero. È un game design che funziona, lo shooting restituisce soddisfazione, pur nella sua semplicità, e il parkour è veramente molto divertente.

Cosa non funziona, allora, nel titolo di Joy Way? Fondamentalmente tutte le interazioni. Arrampicarsi a la The Climb è sempre divertente, ma non quando le nostre mani non capiscono letteralmente mai a cosa aggrapparsi. Il ritmo delle missioni è solidissimo, se non fosse che ogni qual volta che dovremmo fermarci a raccattare qualche oggetto passaremo più tempo a cercare di non far aggrappare le nostre mani a un tavolo che a vivere serenamente un tipo di azione semplice e superficiale com’è questa. O, ancora, se una boss fight ci chiederà di lanciare un certo tipo di granata in un punto molto specifico, passaremo decine e decine di minuti cercando di capire qual è la traiettoria giusta della suddetta bomba. È un problema di sporcature, esattamente com’era nei giochi di Joy Way precedenti, ma qui accentuato dal fatto che il gioco, alla base, è davvero valido.

Scoccia, e non poco, anche perché alla bontà del design (quando funziona), si affianca anche un comparto tecnico inaspettatamente buono, soprattutto su Quest 3. La città pseudo-futuristica di Stride Fates ricorda un po’ il sopracitato Mirror’s Edge, ma ricorda anche un po’ Half Life: Alyx, e un tipo di slums vicine ai migliori esponenti del genere, anche in termini cinematografico. È un immaginario che funziona, e che si rivela, sull’ultimo standalone di Meta, pulito e dettagliato, al netto di qualche elemento un filo più grezzo, e di un popup degli elementi sulla media distanza di cui avrei fatto volentieri a meno.

Il gioco presenta poi anche una buona quantità di potenziamenti, che ci spingono a esplorare a fondo le mappe, e propone una longevità che si aggira serenamente intorno alle cinque ore di gioco, per la sola run che concerne gli obiettivi della campagna. E per un titolo venduto a trenta euro, di questi tempi, non è mica male.

Purtroppo Stride Fates ha però il grosso problema di un lavoro sulle interazioni clamorosamente scadente, che cozza con un prodotto le cui basi risultano solide e divertenti, se solo il gioco funzionasse come dovrebbe. Magari un domani, se Joy Way si degnerà – almeno questa volta – di continuare a lavorare sul gioco, Stride Fates potrebbe diventare un vero imperdibile della VR; oggi, invece, è semplicemente un buon titolo, che potrebbe comunque divertirvi se riuscirete a passar sopra ai suoi difetti più espliciti.

Stride Fates è disponibile dal 9 novembre 2023 al prezzo di 29,99€ Meta Quest 2, e in arrivo su SteamVR entro fine anno.






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Alessandro Redaelli

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