Half Life: Alyx – recensione e video recensione (PCVR)

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Giocato su Oculus Rift S

Non avete la minima idea, tutti. I primi sono quelli che non hanno mai provato la realtà virtuale e parlano a sproposito, puntando il dito contro un nuovo episodio della saga di Half Life solo perché esclusivo di una nuova tecnologia che – evidentemente – non è alla loro portata. I secondi sono i turisti della VR; quelli che hanno assaggiato a spizzichi e bocconi una manciata di titoli per poi asserire che no, la realtà virtuale non ha ancora titoli degni di questo nome. I terzi siamo noi, che navighiamo queste acque virtuali dal giorno uno e continuiamo a crederci, ma che – ogni tanto – ammettiamo anche di dover ancora ingranare.
Stronzi, tutti. Perché Half Life: Alyx non dimostra soltanto quanto è grande Valve, quanto la realtà virtuale sia già pronta e quanto sia in grado di regalare a noi giocatori, ma rivoluziona e riscrive da zero le regole di un’intera industria; industria che – da oggi in poi – non sarà mai più la stessa.

Avevo tredici anni quando uscì Half Life 2. Ricordo ancora il mio sguardo incredulo di fronte ad un’opera monumentale che mi fece a tutti gli effetti respirare a pieni polmoni un immaginario unico ed originale di cui non mi sarei mai dimenticato, e che vissi negli anni ancora più e più volte. Nel tempo furono diversi i titoli che mi fecero emozionare ed innamorare continuamente del videogioco, ma forse mai come quella specifica volta; vuoi perché riusciva a raccontare una storia ben scritta senza l’ausilio di altri linguaggi, vuoi perché era la prima volta che mi sentivo davvero parte di qualcosa. Con il nuovo capitolo di Half Life – in esclusiva sui caschetti di realtà virtuale – ho rivissuto quelle stesse identiche sensazioni, in un viaggio di dieci ore a mascella spalancata in cui l’esclamazione “non ci credo” è uscita dalla mia bocca a ripetizione.

Half Life: Alyx si posiziona esattamente a metà tra il primo ed il secondo capitolo della saga, e racconta le peripezie di Alyx Vance ben cinque anni prima del ritorno sulle scene di Gordon Freeman. Non assisteremo quindi alla “guerra delle sette ore” ed all’arrivo dei Combine sulla terra, ma – come tutti i titoli del franchise – verremo buttati su City 17 in medias res, ricollegando i puntini di un’epopea che si fa sempre più profonda e stratificata.

La sceneggiatura dell’opera di Valve è letteralmente di ferro, e si allinea con la qualità straordinaria che abbiamo visto in tutte le opere dei suddetti dal 1998 ad oggi. L’incalzare emotivo del percorso di Alyx va di pari passo ad una scansione dei beat narrativi semplicemente perfetta, conditi da un’ironia sottile e finalmente intelligente che non può che far sorridere in più di un’occasione. Se siete fan della saga, il vostro corpo non saprà sinceramente come reagire, in un miscuglio di stupore, paura, divertimento e commozione impossibile da comprendere se non in prima persona. Questo nuovo capitolo non solo va solo a raccontare chi è Alyx Vance e ad approfondire il percorso del padre Eli, ma apre nuove – incredibili – linee che riscrivono in parte l’ultima trilogia, condensate in un finale scioccante che mi ha quasi fermato il cuore.

Senza far spoiler, vi basti pensare che l’odissea della signorina Vance si dipanerà attraverso un buon numero di comprimari ed una lunga serie di ambientazioni; mai riciclate dai capitoli precedenti ma che risultano – per qualche motivo – profondamente familiari. Muoversi per le strade di City 17 è un sogno che si avvera, e mai quanto oggi questo sogno risulta ai nostri occhi reale, quasi fossimo finiti per caso in un varco spaziotemporale che ci ha portato fisicamente in loco. Camminare per i luoghi più iconici della saga sarà come tornare nella città in cui siete cresciuti, ammirando lo spazio circostante come un’opera d’arte a sé stante mentre ci crogioliamo nella nostra nostalgia.

Così come familiari risulteranno le ambientazioni, familiare risulterà il gameplay. Il design di Half Life: Alyx è la perfetta evoluzione di quello che abbiamo visto con il secondo capitolo ed i due episodi successivi, e ripropone tutti i punti di forza del franchise aggiungendo nuove, gustose, meccaniche.
Come da manuale, Half Life: Alyx è strutturato a livelli lineari, che si interconnettono tra loro orizzontalmente senza possibilità di backtracking, incalzando un ritmo sempre adatto al momento in cui si presentano al giocatore. All’uscita del secondo capitolo di Half Life, Gabe Newell disse che “un videogioco single-player è un film creato in collaborazione con chi gioca, dove l’attore non possiede una copia della sceneggiatura.”  Nulla di più vero, ed infatti in questo caso è proprio il suddetto concetto che prevarica su tutto il resto, facendoci vivere una storia che è un compromesso tra quella raccontata e quella che stiamo raccontando nel momento in cui giochiamo. Il tono e l’aria che si respira sono poi esattamente gli stessi, sia mentre girovaghiamo tra le strade d’impronta sovietica della cittadella, sia nelle sezioni decisamente orrorifiche che si rifanno alla Ravenholm dei tempi d’oro.

Oltre al ritmo ed oltre all’impianto strutturale, ritroviamo qui anche un lavoro eccellente sulla fisica, che dovrà oltretutto esser sfruttata per risolvere alcuni semplici compiti atti a proseguire nel gioco. Dimenticatevi di Boneworks, qui non esistono puzzle particolarmente elaborati basati sul motore fisico, ma ogni singolo oggetto è così vivo che avrete dieci volte la sensazione di realtà rispetto alla sopracitata e meravigliosa opera di Stress Level Zero.

Tra le novità – sempre a proposito di fisica – troviamo invece i guanti gravitazionali della protagonista, comprimari di gran parte delle meccaniche del gioco. Questi simpatici oggetti incollati alle vostre mani vi permetteranno non solo di controllare quei dati normalmente riservati all’HUD, ma vi daranno anche la possibilità di muovere qualsiasi corpo a distanza. Puntando un’oggetto con una delle mani, lo stesso si illuminerà e poi, alla pressione di un tasto, si avvicinerà velocemente a voi. Questo rende estremamente morbida e confortevole la necessità di raccogliere oggetti utili e non, evitando di farci rompere la schiena dopo mezz’ora appena di gioco. La meccanica funziona così bene che dopo pochi minuti non ci farete nemmeno più caso, ma continuerà a restituirvi quella soddisfazione data dal gesto che solo la VR sa regalare.

Non si fanno mancare nemmeno quegli elementi già ampiamente sperimentati ed apprezzati in realtà virtuale, come lo stock delle munizioni in uno zaino dietro alle spalle, ed un paio di slot aggiuntivi posizionati vicino ai guanti. Alla pressione del tasto centrale sul motion controller della mano dominante, vi verrà invece restituita la ruota delle armi, che potrete selezionare passando semplicemente la mano sull’oggetto a voi necessario. Qui troverete non solo le bocche da fuoco iconiche del mondo di Half Life, ma anche succose new entry ed un tool inedito necessario alla risoluzione dei puzzle.

Il multi-tool è un oggetto a forma di taser che serve fondamentalmente ad hackerare le numerose macchine presenti nel futuro distopico di Valve. Dopo aver attivato uno di questi terminali vi verranno proposti una serie di brevi ma azzeccati mini-giochi basati sul movimento, alla fine dei quali potrete sbloccare key item ed oggetti aggiuntivi. Anche qui nulla di troppo complesso; si tratta di riunire dei fili elettrici trovando il percorso giusto o collegare dei punti di luce tra di loro, ma le meccaniche sono immediate e divertenti, e non si dimostrano mai tediose nonostante la grande quantità di elementi hackerabili.

Purtroppo o per fortuna, il mondo di Alyx non è composto soltanto da piccoli enigmi, ma soprattutto di numerose forze avverse che vorranno in ogni modo farvi la pelle. Qui Valve tira fuori dal cappello gran parte del bestiario a cui siamo affezionati, ridisegnato per funzionare in realtà virtuale quanto – e più – della loro controparte a schermo. Non voglio svelarvi tutte le creature, vecchie e nuove, che andrete ad incontrare nel corso dell’avventura; vi basti sapere che sono tutte incredibilmente realistiche nell’aspetto e nei movimenti, e che sarà dannatamente soddisfacente riempirle di piombo. Ognuna di loro avrà poi un comportamento unico, lasciando a voi l’arduo compito di comprenderne i punti di forza e di debolezza.

Sempre a proposito delle armi: nei livelli sono sparsi dei bizzarri macchinari che vi permetteranno di potenziare il vostro arsenale attraverso delle resine sparse nei luoghi più improbabili. Una meccanica inedita che va a contaminare ancora di più quel falso involucro da FPS che Half Life si porta dietro, e che aggiunge qualcosa sia alla progressione che alla scansione degli scontri.

Penso di aver già parlato abbastanza di quanto l’atmosfera riesca a farci sentire parte del mondo di gioco, ma lasciatemi aggiungere due parole sul nuovo motore grafico. Il Source Engine 2 si presenta decisamente adatto alla VR, e si concede per la prima volta al completo nel suo massimo splendore, non lasciandoci altra scelta che piangere come bambini di fronte a questo miracolo della tecnologia. Già con il primo campo lungo su City 17 prendiamo consapevolezza di cosa Valve sia riuscita a fare, assistendo ad un look da vera next gen finalmente anche in VR. Se avessi visto soltanto qualche video o qualche immagine avrei pensato ad un’esclusiva flat di prossima uscita su Playstation 4; e invece è realtà virtuale, ed è oltretutto ottimizzata come nient’altro visto ad oggi sul mercato.
Questo maestoso motore ci porta dieci anni avanti, e dimostra una grazia ed un’eleganza mai viste per quanto concerne modellazione poligonale, lavoro sulle textures, illuminazione, animazioni e fisica. Nulla è lasciato al caso e tutto sembra venire da un futuro remoto, mettendoci di fronte al più grande miracolo tecnologico che abbiamo mai visto con addosso un caschetto di prima generazione.

Il lavoro sull’aspetto visivo è comunque allo stesso livello di quello sul sonoro, poiché mai ho sentito in un titolo VR una cura per l’impianto audio come in questo caso. Se le musiche – meravigliose – ritrovano lo stesso spazio contenuto ma brillante dei capitoli precedenti, il lavoro sull’effettistica riesce ad arricchire ancora di più tutti gli altri elementi del gioco, restituendo un impatto da paura, che chiede a gran voce di essere assaporato su delle cuffie high end.

Anche il lavoro sull’accessibilità è da manuale. Valve ha pensato proprio a tutti, e difatti Half Life: alyx presenta ben quattro sistemi di locomozione diversi.
Il primo è il “Blink”, opzione indicata ai neofiti della realtà virtuale, che consiste in un teleport con una dissolvenza a nero tra un movimento e l’altro; non il miglior modo di giocare, ma sicuramente adatto a gran parte dei nuovi arrivati.
Il secondo, quello con cui l’opera è stata sicuramente pensata, è invece un teleport con movimento da punto a punto. Lo “Shift” si comporta decisamente bene ed asseconda tutte le scelte di level design che ci vengono proposte, risultando probabilmente la scelta migliore per la maggior parte dei giocatori.
Infine c’è il free locomotion, richiesto a gran voce prima dell’uscita e presente sia con movimento relegato alla testa, sia con movimento collegato al motion controller.
Sebbene il movimento libero si sposi dignitosamente con gran parte delle situazioni, è tuttavia evidente come quest’ultimo sia stato aggiunto in corso d’opera, dopo che la mandria di bufali impazziti che sono i videogiocatori ne ha sentenziato la necessità.

Non lo nascondo, viziato da altri prodotti analoghi ho affrontato Half Life: Alyx proprio con questo sistema di locomozione, ma non nego che – probabilmente – avrei amato ancora di più il mio primo playthrough utilizzando lo “Shift”.  Questo anche perché nel gioco sono presenti sezioni superabili soltanto attraverso l’utilizzo dello stesso, come salti impossibili da effettuare a movimento libero e piattaforme irraggiungibili se non con il teleport. Per rendere fruibile il tutto anche ai giocatori da free movement, Valve ha affiancato alle ultime due opzioni di movimento anche il “Blink”, relegato esclusivamente al thumbstick della mano dominante.

È vero che Valve è famosa per collaborare attivamente con la sua community, ma è anche vero che – a volte – bisogna credere fino in fondo alle proprie scelte andando contro ad una vox populi decisamente troppo chiassosa ed invadente.

Ho giocato ad Half Life: Alyx su Oculus Rift S, con un PC di fascia alta composto da un i9 9900KF, una GTX 1080TI e 32GB di RAM DDR4. Chiaramente sulla mia configurazione tutto è andato liscio come l’olio, riuscendo a giocare non solo con tutti i settaggi al massimo, ma anche con la registrazione dello schermo sempre attiva ad appesantire il tutto. Il Source 2 si rivela un motore estremamente ottimizzato e scalabile, adatto a gran parte delle configurazioni da gaming presenti sul mercato, e capace di meravigliare quasi oltraggiosamente anche al preset di qualità più basso.

Ovviamente con Valve Index e controller annessi l’esperienza si fa ancora più immersiva, grazie al tracciamento di tutte le singole dita ed alcuni piccoli dettagli in più, come la possibilità di schiacciare le lattine attraverso la pressione del controller. Sono piccolezze, ma anche loro aiutano a rendere vivo e vibrante il mondo di gioco. Da segnalare anche la mancanza di doppiaggio e sottotitoli in italiano, ma se ve lo lasciate sfuggire per questo motivo avete chiaramente qualcosa che non va.

Half Life: Alyx è il punto più alto mai toccato dalla realtà virtuale, e forse mai toccato da un videogioco contemporaneo. L’immersione che è capace di regalare l’ultima opera di Valve non ha assolutamente eguali, e ci fa ancora una volta capire come la VR possa restituirci le stesse emozioni, anche moltiplicate del duecento per cento, dei videogiochi tradizionali. Rimango dell’idea che il mercato VR non debba sostituire quello tradizionale, ma affiancarsi in parallelo su esperienze che non possono che trarre beneficio dall’utilizzo di un HMD, ma è anche vero che quando queste funzionano a meraviglia viene quasi da chiedersi cosa non tragga beneficio da questo linguaggio. È ovviamente una provocazione, ma che può far pensare sia i fanatici della realtà virtuale che i suoi detrattori. Compatisco chi, senza aver provato l’emozione che Half Life: Alyx è in grado di offrire, prosegue la sua battaglia contro i mulini a vento nei confronti della VR, solo perché non è interessato o – giustamente – non può permettersela. A tutti questi dico solo una cosa: da oggi non avete più specchi ai quali aggrapparvi, e se volete continuare questa guerra è meglio che iniziate a farlo nel vostro privato, senza esprimere platealmente il vostro sciocco punto di vista. In alternativa, noi tutti avremo un nuovo modo, molto semplice e immediato, per scoprire il lavoro che – molto più segretamente di voi – pratica la vostra paziente genitrice. Ci sarebbe ancora molto da dire, ma preferisco regalarvi il piacere della scoperta, quindi correte a casa, avviate Steam e giocate ad Half Life Alyx; se tutto va bene questa storia non finisce qui.

Half Life: Alyx è disponibile dal 23 Marzo 2020 al prezzo di 49,99€ su Steam, compatibile con Valve Index, HTC Vive, Oculus Rift e WMR.

 




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