Blind: recensione e video recensione

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Nonostante la cultura videoludica non sia parte integrante delle radici storiche del nostro paese, lo sviluppo di videogiochi in Italia ha recentemente preso una piega tutt’altro che ignorabile. Sono numerose infatti le software house nate negli ultimi anni in Italia; e se Milestone e Ubisoft Milano sono entrate di diritto nell’immaginario collettivo grazie a tripla A dall’ottima risposta di pubblico, esiste in realtà una fiorente scena indipendente che sta iniziando a regalarci grandi soddisfazioni. I torinesi di Tiny Bull Studio fanno senza dubbio parte di quest’ultima categoria e dopo aver esordito con il buon Omen Exitio: Plague escono finalmente sul mercato con Blind, titolo prettamente VR costatogli ben tre anni di sviluppo.

Dopo una breve cutscene che ci introduce il plot attraverso una sorta di graphic novel animata, vestiremo i panni di una giovane donna, intrappolata per motivi a noi sconosciuti all’interno di una villa. Fin dalle prime battute di gioco la meccanicha ludica che costituisce le fondamenta del gamplay ci sarà estremamente chiara: nulla sarà visibile ai nostri occhi, se non l’area che circoscrive suoni e rumori. Dopo pochi minuti faremo conoscenza del Warden, un bizzarro personaggio che ha un timbro da cinema di genere classico e che ci consegnerà una sorta di bastone per non vedenti. Attraverso l’utilizzo di questo oggetto inizieremo a familiarizzare con la meccanica principale, colpendo le superfici attorno a noi per farci strada con chiarezza nell’enorme villa;  che assume qui il ruolo di protagonista indiscussa e che richiama per analogia e struttura la magione del survival horror più famoso di Shinji Mikami.

Blind racconta la storia di una famiglia disfunzionale, con il respiro del thriller e accennate incursioni nell’horror più onesto, senza inciampare mai in facili jumpscare o cadute eccessive di stile. Se lo script effettivo non eccelle a causa di uno sviluppo un po’ ovvio che si scontra ogni tanto con il cliché, la messa in scena regala invece grandi soddisfazioni.

L’atmosfera che si respira tra le mura della casa regala momenti estremamente suggestivi e dal forte impatto emotivo; questo è merito sia della direzione artistica eccellente che della cura maniacale per i dettagli.  Questi ultimi in particolare sono un elemento fondamentale e spesso bistrattato della realtà virtuale, mentre Blind riesce a stupire anche grazie ad un suono che cambia a seconda della superfice, alla possibilità di interagire con gran parte degli oggetti in scena e un’impronta autoriale coerente e unica. L’insieme degli elementi riesce ad elevare una sceneggiatura nella media, rendendo letteralmente ogni aspetto del gioco molto più immersivo e stimolante.

Sul fronte del gamplay, Blind si presenta come un’avventura story driven a enigmi, in cui si dovranno risolvere una serie di puzzle legati per lo più al suono per sbloccare la stanza successiva e proseguire nell’avventura. Il bilanciamento degli enigmi non è mai una cosa facile, specialmente in VR, ma il team capitanato da Matteo Lana riesce anche qui a restituire una serie di sfide sempre interessanti e con il giusto equilibrio tra difficoltà, divertimento e soddisfazione.

Se c’è un elemento che funziona meno nell’esordio VR di Tiny Bull Studio è invece il terzo atto. Durante le circa quattro ore necessarie a completare l’avventura, i ragazzi torinesi hanno ben pensato di cambiare le carte in tavola in più di un’occasione, proponendo variazioni sul tema della meccanica principale e spezzando così automatismi facilmente stucchevoli sulla lunga distanza. Nel processo di stratificazione del gameplay qualcosa non è andato come doveva nell’ultimissima parte, che risulta più debole del resto a causa di un polishing apparentemente minore. Se questo non rovina comunque l’esperienza e sarà plausibilmente sistemato nei prossimi mesi, il divario tra i primi due terzi del gioco e l’ultimo lascia un po’ storditi, ma rimane un problema oggettivamente minore rispetto a ciò che Blind ha da offrire.

L’implementazione della VR è poi gestita a regola d’arte, sia su PC che su PSVR, regalando un’esperienza con controller di movimento invidiabile, una pulizia a caschetto perfetta e una fluidità generale senza sbavature. Ci sono poi diversi collezionabili, che arricchiscono l’offerta sulla lunga distanza e risultano divertenti da scovare, aumentando la longevità di almeno un’altra ora piena.

Ci si lamenta sempre della mancanza di titoli VR che abbiano una forte componente ludica, che presentino una buona longevità e che raccontino una storia interessante che non rinunci alla forma. Blind dimostra che tutto questo è possibile anche per uno studio indipendente italiano, che è riuscito a dimostrarsi tra le SH su scala mondiale che ha meglio appreso i pregi e i difetti del linguaggio VR e degli headset di attuale generazione. Non sappiamo se il prossimo titolo in casa Tiny Bull sarà un progetto analogo, ma uno studio del genere va supportato senza mezzi termini, sperando che riesca a proporci nel futuro prossimo un altro titolo di egual spessore, diventato una delle SH di riferimento nel mercato europeo per realtà virtuale.

Blind è disponibile dal 18 Settembre 2018 su Steam, Oculus Store e Playstation Store, compatibile con HTC Vive, Oculus Rift, PSVR e PS Move.

 




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