Bean Stalker | la recensione | PCVR

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Giocato su Oculus Quest 2 in Air Link su PC

Abbiamo più volte parlato di come il genere survival non funzioni – spesso e volentieri – in VR, a causa di una complessità legata alle meccaniche di gioco, che poco si sposa con il metodo di fruizione proprio degli headset casalinghi. In realtà virtuale vogliamo compiere azioni immediate, e non certo navigare lunghi e polverosi menù usciti dritti dritti dal secolo scorso. VR Storm Studio la pensa tuttavia diversamente, e ci propone un survival roguelite vecchia scuola, in cui sopravvivere all’interno di pericolose foreste verticali, tra scavenging e combattimenti al cardiopalma. Arriva in questi giorni in early access Bean Stalker, un gioco destinato a far discutere la direzione che dovrà prendere in futuro la realtà virtuale. Scopriamolo insieme nella nostra recensione.

Il nostro obiettivo in Bean Stalker è quello di scalare una pianta mastodontica con le nostre piccozze, recuperare materiali e oggetti utili sul campo, attivare un punto d’estrazione, e costruire oggetti sempre più utili all’interno dell’hub principale. Raccontato così, il titolo di VR Storm Studio, non sembra un prodotto particolarmente complesso, e invece – suo malgrado – lo è. Innanzitutto, sul campo da gioco starà a noi decidere quale strada intraprendere, per quanto tempo rimanere allo scoperto prima di rientrare, e quale obiettivo portare a termine. Presentando un level design completamente procedurale, scegliere come agire nel mondo di gioco risulterà già di per sé una barriera, poiché il titolo ce la mette tutta per risultare criptico come poche cose provate recentemente in VR. A poco serve un tutorial, lungo circa mezz’ora, che tenta di farvi esplorare tutte le meccaniche di gioco, e che dimostra invece una sovrabbondanza di elementi, che sarebbe stato meglio limare per mettere più a fuoco l’effettivo game design.

Il vero problema è infatti proprio questo: Bean Stalker non sa esattamente che gioco è, e ci propone un calderone di roba vista e rivista traslata in qualcosa d’altro, che può risultare affascinante da una parte, ma che si dimostra infine troppo sbrodolata per convincere fino in fondo. All’interno dei livelli dovremo recuperare non solo materiali, ma anche oggetti importanti e ricette per il crafting, e dovremo inoltre vedercela anche con le forze antagoniste che dominano le aree. Api, ragni e piante assassine cercheranno in ogni modo di farci la pelle, e starà a noi sconfiggerle con tutti i mezzi a nostra disposizione. A partire dalle nostre piccozze, potremo aumentare le nostre capacità offensive costruendo spade, martelli, pistole, fucili e così via, esplorando una versatilità che si dimostra vincente solo all’apparenza.

Un esempio emblematico del troppo che stroppia è appunto legato al crafting. Nel nostro hub avremo a disposizione una fornace, una serie di libri con ricette, e un banco di lavoro. Per costruire una spada dovremo fondere fisicamente del metallo, posizionarlo poi sul banco insieme agli altri elementi necessari, e dare un paio di martellate per craftare effettivamente l’oggetto. Splendido su carta, estremamente macchinoso all’atto pratico.

Le armi che andremo a costruire si dimostreranno poi ben poco interessanti una volta utilizzate sul campo di battaglia. Il combat system di Beat Stalker è ancora acerbo, impreciso e poco divertente, e a poco serve una varietà di armi che difficilmente riuscirete a esplorare davvero fino in fondo, proprio a causa della mole troppo importante di contenuti che il titolo cerca di offrire.

Un altro punto di debolezza è infatti proprio un’impostazione di tutti gli elementi di design estremamente vecchia, che si rivela orribilmente demodé soprattutto nella sua componente estetica. Visivamente Bean Stalker è brutto, ma non quel brutto incompetente, anzi; quel brutto la cui estetica è ricercata, andando a scavare in un immaginario da anni novanta che credo nessuno – a parte qualche anziano – troverà affascinante nel 2021. Basta con l’estetica da videogioco fantasy vecchia di decenni, vogliamo nuove immagini e nuovi immaginari, e prodotti come questo non aiutano questo lento e doloroso processo. Oltretutto, il gioco è ottimizzato ancora molto, molto male, e ho faticato a mantenere un framerate dignitoso su una 1080ti, al 90% della risoluzione di Quest 2.

C’è da dire, però, che alcuni momenti in Bean Stalker riescono a stupire. Arrampicarsi per chilometri e chilometri su delle piante giganti ha decisamente il suo fascino, e la fatica data dal gesto riesce a dare soddisfazioni una volta arrivati al punto d’estrazione. Certo, tra la partenza e l’arrivo dovremo vedercela con una lunga serie di elementi che non funzionano, ma è molto chiaro cosa VR Storm Studio stava cercando di ottenere, e di questo gliene va dato atto.

Il gioco è appena arrivato sul mercato in early access, e quindi c’è effettivamente margine di crescita. Azzardo che, se il titolo venisse rifatto completamente da zero nel suo comparto tecnico, e semplificato pesantemente nel game design, Bean Stalker potrebbe effettivamente risultare un gioco molto divertente da tanti punti di vista, e oltretutto particolarmente adatto a un porting su Oculus Quest. L’idea di fondo è vincente e originale, ed è semplicemente messa in pratica nel modo più sbagliato e anti commerciale che esista a oggi. Attendiamo fiduciosi eventuali novità a riguardo.

Bean Stalker è un prodotto indipendente con le carte in regola per diventare un buon gioco nel prossimo futuro, ma – semplicemente – è un prodotto che non ha ancora trovato davvero la sua strada. È emblematico il fatto che gli sviluppatori abbiano rilasciato sul mercato il prodotto finito in early access, cercando dei feedback dal pubblico che spero verranno ascoltati, e che plasmino completamente molti aspetti della produzione. Ora come ora, trenta euro per Bean Stalker – a parer mio – non valgono il prezzo del biglietto. Speriamo di riscoprirlo l’anno prossimo sotto una luce totalmente diversa.

Bean Stalker è disponibile in early access dal 20 Settembre 2021 al prezzo di 29,99€ su Steam.

 




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