Cinema

VENICE IMMERSIVE | Fight Back: la recensione

Se avete bazzicato la sezione cinema di Meta Quest, vi siete sicuramente già scontrati con Celine Tricart e il suo The Key. La finta fiaba, che finiva invece per essere un racconto duro e sofferente sui rifugiati, fu uno dei grandi successi del Tribeca 2019, ed è tutt’ora uno dei pochi film VR che sono riusciti a varcare la soglia dei festival, arrivando un po’ a tutti i curiosi che non hanno acquistato un headset soltanto per giocare.

La regista francese, torna quest’anno a Venezia con Fight Back: una storia dalla struttura narrativa simile a The Key, ma molto più interessante dal punto di vista del game design. L’antefatto è semplice: siete una sorta di viaggiatrice spaziale in cerca di vostra sorella, e il vostro compito è quello di spostarvi tra le stelle, sconfiggendo dei demoni che cercheranno in ogni modo di fermarvi

Chiaramente non avremo qui la possibilità di muoverci o di esplorare il mondo di gioco a nostro piacimento, ma verremo accompagnati automaticamente attraverso un percorso predefinito, che andrà a insegnarvi le basi del suo gameplay, fino a farvi scontrare con il boss finale, rivelando infine le sue vere intenzioni.

Ciò che è interessate dal punto di vista ludico e tecnico – in Fight Back – è soprattutto l’integrazione dell’hand tracking. Per sconfiggere i nemici e difenderci dai loro attacchi dovremo eseguire una serie di gesture che non ho sinceramente mai visto funzionare così bene su Meta Quest: un insieme di pugni ben posizionati e movimenti di difesa che riescono a restituire la difficoltà – anche concettuale – dello scontro, soprattutto quando verremo accerchiati da una buona quantità di nemici. Ottimo anche il comparto puramente tecnico: un piccolo spettacolo per gli occhi, che gira serenamente in standalone su Meta Quest 2 senza la minima fatica. È vero che le arene sono sempre le stesse, i nemici tutti uguali e le nostre azioni non cambieranno particolarmente dall’inizio alla fine dell’esperienza: ma tutto – qui – è giustamente al servizio del tema: e il tema è indubbiamente forte, sebbene a tratti un po’ problematico.

Nonostante possa risultare un po’ reazionario, il discorso femminista, e al contempo legittimamente furioso, che fuoriesce nell’ultimo atto è coraggioso e importante, e va a far rileggere tutto ci che si è vissuto fino a quel momento sotto una luce totalmente nuova. Speriamo che il lavoro di Tricart arrivi anche sugli headset casalinghi, e che trovi una distribuzione commerciale capace di portare a tutti il discorso; magari nuovamente in partnership con Meta.






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Alessandro Redaelli

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