Play for Dream MR è realtà! Ma è solo per veri appassionati!

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Play For Dream Technologies si definisce un’azienda di spatial computing, fondata nel 2020. Ha lanciato in rapida successione YVR1 e YVR2, necessari per acquisire le competenze adeguate a lanciare la campagna Kickstarter che ci ha portati al Play for Dream MR.

Play For Dream è uno dei pochi player VR con stack completo — dalle ottiche, al tracking, fino all’OS — al di fuori degli USA, e punta a posizionarsi come alternativa ad Apple e Meta, soprattutto per chi vuole un visore high-end ma più aperto.

A prima vista, sappiamo già cosa vi ricorda. Il design del Play for Dream MR rimanda molto da vicino al visore di Apple, ma con alcune differenze sostanziali nella scelta dei materiali. Il corpo frontale è caratterizzato da una scocca in plastica lucida nera che, però, non contiene al suo interno un costosissimo display. Questa scelta conferisce al dispositivo un aspetto sì premium, ma ne riduce il peso complessivo e il costo. I pulsanti e le finiture sul visore ricalcano da vicino il linguaggio di design del visore di Cupertino.

Sul frontale spiccano le camere per il passthrough a colori, due sensori da ben 32 MP l’uno, integrati elegantemente e nascosti dietro la superficie scura. Il risultato visivo è futuristico e minimale, risultando il “figlio illegittimo” tra Apple Vision Pro e il bellissimo Quest Pro.

Da quest’ultimo si ispira per la fascia laterale e il pacco batteria posteriore, mancando però, sfortunatamente, il poggiafronte anteriore che diede al Quest Pro quel tocco per migliorarne drasticamente la comodità d’uso — tutt’ora mai raggiunta di base da nessun altro visore della serie Quest.

Detto questo, c’è da ammettere che non si parla solo di apparenza, ma c’è una vera ricerca dei dettagli. Non manca infatti l’attenzione al feeling “premium”, come la mascherina facciale magnetica e intercambiabile, per facilitarne la pulizia, il tutto senza scricchiolii o giochi di alcun tipo, morbida e piacevole al tatto.


Display e ottiche

Veniamo a quello che è probabilmente il piatto forte del Play for Dream MR: il sistema display e ottiche. Siamo davanti a due schermi micro-OLED 4K a 90 Hz, con supporto HDR. In termini di numeri, parliamo di una risoluzione complessiva prossima all’8K (3840×3552 pixel per occhio, ~27 milioni di pixel totali) e di una densità altissima di 45 PPD. Speriamo però che il limite dei 90 Hz sia momentaneo e che presto arrivi un aggiornamento ai 120 Hz, display permettendo.

Per fare un confronto, siamo quasi al doppio della nitidezza percepita rispetto a un Quest 3. Nei fatti, la resa visiva è eccezionale: neri perfetti e profondi grazie al contrasto degli OLED, colori vivi e una definizione tale che risulta impossibile vedere qualunque tipo di reticolo.

Le ottiche adottate sono di tipo pancake, ormai standard nei visori standalone di ultima generazione. Questa tecnologia consente di ridurre lo spessore del visore e risulta un’ottima accoppiata con i micro-OLED, offrendo una buona nitidezza su gran parte del campo visivo.

Non so se la convessità delle lenti centri, ma un po’ di glare, però, mi è parso di scorgerlo in alcune scene buie.

Ampio invece lo sweet spot: si può muovere l’occhio all’interno della lente mantenendo i dettagli a fuoco. Anche l’allineamento automatico dell’IPD aiuta a ottimizzare la zona di visione nitida per ciascun utente. Il mura, invece, non l’ho percepito — né qui né alla prova fatta ad AWE a Los Angeles — quindi scordatevi gli OLED presenti su PSVR2: qui siamo da tutt’altra parte.

Per quanto riguarda il FOV però, non rilevo niente di sconvolgente; è un visore molto piccolo, siamo dalle parti del fov del Quest 3 e forse anche un po’ meno, viste le dimensioni contenute.

Non ho avuto invece problemi di binocular overlap (ovvero la porzione di campo visivo vista da entrambi gli occhi), che è buono, anche se non è seamless come in altri visori come il Crystal Light, che ti mette la faccia davanti a due belle larghe lenti e di cui mi sembra percepire il 100% di ciò che mostrano le lenti senza sovrapposizioni.

Come avete capito, quindi, display e ottiche del Play for Dream MR rappresentano il suo maggiore pregio: la combinazione di altissima risoluzione, contrasto OLED e buone lenti regala un colpo d’occhio mozzafiato.


IPD e tracking oculare

Come detto, Play for Dream MR integra un sistema di regolazione automatica dell’IPD tramite eye tracking: appena indossato, le fotocamere interne rilevano la distanza interpupillare dell’utente e regolano di conseguenza la posizione delle lenti. In alternativa, è possibile anche selezionarla a proprio piacimento. Questo non solo migliora la nitidezza, ma evita la scocciatura di non essere mai centrati perfettamente a fuoco.


Controller e hand tracking

Spostandoci sui controller, questa è forse la cosa che, sulla carta, mi ha convinto meno — anche se all’uso pratico poi non mi ha disturbato così tanto. Li vedete dalle immagini: sono estremamente piccoli e con la punta aguzza. Sono contento che qualcuno abbia provato a fare una forma diversa dai soliti Meta Touch, ma qui non mi sembrano abbiano trovato una soluzione alternativa migliorativa.

I controller hanno anche un feedback haptico come facile aspettarsi, ma appena accennato; insomma, è sicuramente un passo avanti ad Apple Vision Pro, che non aveva proprio controller — fino a quando non sono stati resi compatibili i controlli del PSVR2 — a mio parere però siamo davanti a dei controller sotto la sufficienza.

Il visore nel sito e nei materiali promozionali viene mostrato spesso con Alyx, eh… insomma, Alyx meriterebbe di più: dei controller più all’avanguardia, che possano supportare il trigger adattivo, ad esempio, del PSVR2.

Tracking e hand tracking

Per quanto riguarda il tracciamento, ormai non ci sono più segreti nel tracking inside-out e questi controller hanno una tracciabilità però appena sufficiente per attività standard, non adeguata per esperienze non convenzionali — tipo per essere legati ai bordi di un bastone per giocare a Kayak VR — e soprattutto non adeguata per Beat Saber o Ragnarock. C’è ancora tantissimo lavoro da fare, e forse senza base station e senza marker per la tracciabilità di un certo tipo non sarà mai possibile avere qualcosa di davvero affidabile.

L’hand tracking invece possiamo dire che è ancora ai primi step. Traccia la mano e le gesture di selezione come puntatore, ma siamo distanti anni luce dal tracciamento puntuale di Apple Vision Pro, che usa eye tracking più hand tracking. Qui la mano è tracciata anche quando non abbiamo le mani sollevate, per via delle camere puntate verso il basso, ma siamo ancora alla preistoria del controllo. Non sono funzionali per un utilizzo intensivo nella gestione di tante finestre o attività diverse.


Comfort

Rimanendo sull’hardware, non ci rimane che indossarlo, e devo dire che, sul comfort, l’unica cosa fortemente positiva sono le imbottiture magnetiche intercambiabili sul facepad frontale.

Play for Dream fornisce una mascherina facciale che si aggancia magneticamente: questo significa che si può rimuovere in un attimo per pulirla, e il materiale dell’imbottitura è simile a quello usato da altri visori premium: una schiuma rivestita in tessuto tecnico, che risulta soffice sulla pelle e assorbe il sudore.

Se avete seguito però le mie vicissitudini su X del visore — e se non mi seguite, SEGUITEMI https://x.com/JShodanVR — sapete già che al momento la forma della maschera facciale è inadatta per i volti occidentali, per via del naso e della fronte. Non è solo una questione di scomodità, ma come inclinazione della mascherina gli occhi non centrano assolutamente le lenti: è totalmente fuori asse orizzontale per un volto occidentale.

Ma frugando sulla rete, grazie a Sirdominik, ho preso il suo progetto di una mascherina più occidentale e l’ho portato a stampare. Questo che vedete mi è costato una trentina di euro. Inoltre ho preso delle calamite su Amazon per renderlo magnetico, una mascherina di Globular Cluster e del velcro adesivo.

Insomma, questo visore non si rivela decisamente plug and play, neppure dal lato hardware. È un visore per appassionati e specialisti a tutto tondo. Play for Dream sta lavorando per darci una maschera facciale adeguata, ma al momento questo è il modo in cui ho risolto. Non sono comunque soddisfatto al 100%, perché non è la soluzione giusta.

Preferisco qualcosa che dia il peso sulla fronte, come fa Quest Pro, o una fascia sulla testa come tanti altri visori. Per avere un design accattivante si è sacrificato il comfort, e per una cosa che deve rimanere in testa diverse ore si poteva fare meglio.


Software e sistema operativo

Arriviamo al software e al sistema operativo di questo visore standalone.

Anche qui ci troviamo, in modo impressionante, davanti a un clone del Vision Pro OS. Il visore, infatti, non solo emula l’aspetto hardware del dispositivo di Cupertino, ma ne ricopia anche l’interfaccia e l’esperienza utente.

Il sistema operativo del Play for Dream è una versione custom di Android (basata su Android 15) con interfaccia sviluppata in casa, però fortemente ispirata nei menu, nella navigazione e nelle finestre a quella del visore di Apple.

Ritroviamo le icone fluttuanti a forma circolare, menu semi-trasparenti nello spazio attorno all’utente e finestre virtuali posizionabili liberamente nell’ambiente, tutto controllabile con le gesture.

In pratica, un clone quasi perfetto di visionOS, tanto accurato nei dettagli da sembrare un prodotto Apple.

L’interfaccia è fluida e reattiva. Aprire app flottanti, ridimensionare finestre o scorrere una lista con il movimento di una mano nell’aria sono risultate operazioni fattibili — ma non così fluide se avete usato AVP fino a tre minuti prima.

Play for Dream sembra essere riuscita nell’intento di portare l’esperienza “spatial computing” di Apple su piattaforma Android, il che è notevole. Credo però che, come rumoreggiato in Occidente, potrebbe arrivare con dei menu rivisti. Ci potrebbero essere problemi se dovesse essere commercializzato così com’è per il mercato occidentale.

Già ora, comunque, il visore offre tutte le funzionalità di base di un sistema standalone moderno: c’è una home environment in MR da cui lanciare applicazioni, un pannello di controllo per impostazioni rapide, funzioni di connettività e casting, browser integrato e, ovviamente, uno store di applicazioni dedicato.

L’esperienza generale sembra esteticamente molto matura per essere un prodotto non ancora di massa, segno che il team di Play for Dream non è alle prime armi, ma entrando in profondità nei dettagli si capisce che oltre la superficie c’è poco.

Insomma, se vi piace l’approccio di Apple alla realtà mista ma preferite l’apertura di Android, questo visore potrebbe offrirvi il meglio di entrambi i mondi. Anche il passthrough è buono, anche se le immagini sono un po’ ingrandite rispetto alla realtà, quindi posso dire che c’è ancora margine di miglioramento.

Il problema più forte di aver preso ispirazione da Apple è che emula ma non simula. Tutto all’interno sembra essere un ambiente OS, però all’atto pratico manca la potenza del chip M2 ed R1.

Quindi certo, girando la ghiera si passa da mixed reality ad ambiente virtuale, ma scordatevi le mille finestre aperte con giochi, app, player e chiamate con i Personas aperti contemporaneamente mentre giocate a Diablo 2 streammato dal PC.

A proposito: come avrete visto, la parte frontale non ha un display integrato, quindi dimenticatevi i Personas. Insomma sembra tanto, un “vorrei ma non posso”.

Contenuti MR e fotocamera

Per quanto riguarda i contenuti MR (realtà mista), il visore offre già di suo alcune esperienze interessanti.

È implementata la possibilità di pinnare oggetti virtuali nell’ambiente reale. È possibile quindi collocare, ad esempio, uno schermo virtuale sul muro del proprio salotto o una scultura digitale sul tavolo e vederli rimanere in posizione mentre ci si muove.

Inoltre, grazie alle camere ad alta risoluzione, è possibile scattare foto e registrare video 3D stereoscopici dell’ambiente reale e poi riguardarli nel visore con effetto immersivo.

La presenza di dual camera da 32 MP rende questi contenuti interessanti, anche se niente di mai visto prima o che faccia gridare al miracolo.


Store e compatibilità Android

Dal lato app e store, attualmente Play for Dream MR dispone di un proprio store dove si possono scaricare applicazioni e giochi ottimizzati per il visore.

Se e quando il visore adotterà Android XR di Google, potrebbe guadagnare l’accesso al Play Store XR e a un parco titoli più ampio, ma per ora è un’incognita.

È possibile sideloadare APK Android (un po’ come si fa su Pico), per installare applicazioni 2D o VR di terze parti.

Sembra chiaro che il Play for Dream MR sia un dispositivo dal doppio volto: da un lato ancora acerbo in termini di ecosistema nativo (pochi titoli standalone disponibili subito), dall’altro estremamente interessante per via del suo utilizzo volto alla PCVR.

Play for Dream stessa lo indica come visore ibrido MR/VR puntato ai gamer.


PCVR e qualità visiva

Ed è qui dove il visore brilla: nell’uso come visore PCVR wireless.

Supporta nativamente lo SteamVR Streaming, ovvero la possibilità di connettersi a un PC e fungere da HMD per i giochi VR da computer.

In pratica, analogamente a Oculus Link/Air Link o Virtual Desktop su Quest, qui abbiamo out of the box la funzione per collegare via cavo USB 3 o via Wi-Fi 6/7 il visore al PC e giocare ai propri titoli SteamVR o Oculus Rift in streaming.

Addirittura, anche Virtual Desktop ha una versione ottimizzata ad hoc che, accoppiata alla compatibilità con Wi-Fi 7, permette di sfruttare al massimo la qualità del visore — unico visore, tra l’altro, a supportare Wi-Fi 7.

Sicuramente colpisce vedere certi giochi come Lone Echo in VR con OLED, senza il mura del PSVR2, e con una risoluzione così alta. Al momento, non c’è nulla a questo livello se non Apple Vision Pro, che però non ha Virtual Desktop e ha altri problemi per i gamer.

Ho fatto questa prova con la configurazione più elitaria che possiate immaginare: stiamo parlando di RTX 5090 e risoluzione 3800×3500 per occhio micro-OLED. Possiamo godere serenamente dei giochi nativi VR nella loro migliore versione senza grandi patemi.

Ma sono probabilmente giochi che avete già giocato e, al netto di entrarci 10 minuti per vedere come si vedono nella loro migliore forma, potreste non volerli rigiocare da capo.

Se invece siete davvero dei novizi della VR, vorrei approfittarne per dirvi che questo non è assolutamente il prodotto per voi.

E questo sia ben chiaro: qui stiamo parlando di una nicchia specifica dentro la nicchia.

Se non avete mai avuto un visore andate da altre parti: prendete un Quest, o un PSVR1/2 con PS4 o 5. Avete decine e decine di titoli di valore su tutte le piattaforme di cui godere.

Piuttosto provate LABO VR, ma di certo non è questo il prodotto da cui partire.


Benchmark e streaming

Tornando a un pubblico esperto, qui potete vedere alcuni benchmark di riferimento con i titoli Unreal Engine VR, per capire come si comportano i giochi a quella risoluzione con la scheda più potente del momento.

Gestire 3500×3800 per occhio non è uno scherzo; qui potete vedere meglio cosa aspettarvi in termini di performance.

La qualità, ad ogni modo, non è opinabile: vero che le lenti forse non sono le stesse di AVP, ma il display si vede decisamente bene. Ho notato anche poche aberrazioni o difetti tipici di display di fascia bassa.

Vi evito la solita sviolinata, ma la mod di Witchfire è sicuramente qualcosa che la VR nativa non arriverà mai a mostrarci.

E grazie a Dio che UE VR esiste, almeno finché non torneremo a vedere prodotti nativi degni di nota.

Vorrei davvero far vedere ai ragazzi di The Astronauts cosa diventa il loro gioco in questa configurazione, dove è possibile godere di qualcosa a cui nemmeno loro potrebbero credere.

Per quanto riguarda lo streaming, il router è quello tra i consigliati nel gruppo Discord di Virtual Desktop ed è anche l’unico a supportare Wi-Fi 7 – TP LINK BE9300.

Non credo ci possano essere problemi reali a usare un più convenzionale router Wi-Fi 6E — che è il massimo a cui si può ambire con un Quest 3 — ma in questo caso abbiamo voluto vedere il prodotto proprio come lo avevamo provato ad AWE USA.


Autonomia e batteria

Non ho tanto da aggiungere sulla parte PC, se non dire che siamo davanti a un ottimo spettacolo. Ma l’altra cosa che già mi aveva stupito alla prova della fiera è stata che, non dovendo girare sotto l’Horizon OS, finalmente si riesce a usare le diverse funzioni del visore mentre si registra il gameplay, mentre si streamma, e a entrare e uscire da Virtual Desktop senza alcuni dei lag e lungaggini tipiche di Horizon OS.

Questo perché il sistema operativo del Dream MR è leggerissimo e ha quasi niente da dover tenere in RAM: davvero piacevole nell’utilizzo.

Quando andrete a streammare, però, vi accorgerete immediatamente del punto più critico, ovvero l’autonomia.

Certo, è sempre una questione spinosa per qualunque dispositivo standalone — e ancor di più per un visore che viene usato per streammare in continuo un segnale wireless.

Qui però siamo davanti a qualcosa di drammatico, e ho usato Play for Dream MR adottando un approccio simile ad Apple Vision Pro: ovvero con una batteria esterna in tasca per prolungarne l’uso.

In pratica, la batteria integrata nel visore dura circa 1 ora di funzionamento standalone. Questa da sola basta giusto per demo brevi o per spostarsi da una stanza all’altra senza cavi, ma ovviamente un’ora è insufficiente per una sessione di gioco sensata.

Quindi mi sono procurato un battery bank da 10.000 mAh, che uscisse con una potenza sufficiente a tenerlo in carica.

Questo ovviamente aumenta sensibilmente la durata di gioco, ma ci obbliga ad avere delle tasche in cui metterlo.

D’altro canto, però, rende il visore più leggero — ma è una soluzione obbligata, avendo il visore l’headstrap fisso e non sganciabile, e quindi non viene lasciato spazio a vari Bobo e Kiwi. Questo, secondo me, è un limite gravissimo, in quanto avere headstrap aftermarket aiuta sempre le esigenze di comfort e bilanciamento della testa di ognuno. Così invece si è costretti ad abituarsi alla forma del visore e tenere una batteria in tasca.

Se poi ci mettete in conto che al momento bisogna stamparsi una mascherina ad hoc — che anche se sono soddisfatto non è precisa come quelle progettate da un’azienda strutturata — insomma capite che ci troviamo davanti a un prodotto non proprio mass market in questo momento.


Prezzo, target e conclusione

Giunti al termine di questa lunga disamina, quanto ci costa il Play for Dream?

Nonostante costi meno di Apple Vision Pro, rimane un dispositivo da circa 1800-2000€ stimati, dipende dalle tasse e dal canale di acquisto. Tramite Kickstarter si riusciva ad averlo con un grosso sconto; qui vi lascio il link il coupon da 50$ per chi fosse interessato.

Insomma, però, stiamo parlando di un prezzo fuori da qualunque portata per il consumatore medio, e si rivolge esclusivamente a una nicchia di appassionati disposti a spendere.

Non possiamo però non dire che Play for Dream MR provi a portare una ventata di aria fresca (e tecnologicamente avanzatissima) nel mondo della realtà virtuale e mista. Se non altro perché è un nuovo player nel mercato.

Nato quasi in sordina da un’azienda cinese emergente, si è rapidamente guadagnato l’attenzione globale grazie a specifiche non da tutti: sostanzialmente unisce il meglio di vari mondi — la qualità visiva e l’interfaccia di Apple Vision Pro, ma con la versatilità di un Android/PC, tutto in un unico dispositivo.


Vale la pena?

Vale la pena per un appassionato considerare l’acquisto di Play for Dream MR?

La risposta dipende da cosa cercate e dal vostro budget. Se non siete alla prime armi e il vostro obiettivo primario è avere la migliore esperienza visiva e tecnologica oggi disponibile in ambito VR/MR consumer — schermi super definiti, passthrough, feature come eye tracking — allora sì, questo visore potrebbe aggiungersi alla vostra collezione.

Troverete sicuramente un effetto “wow”, riscoprendo giochi e applicazioni con una nitidezza mai vista prima. È il tipo di prodotto che riaccende l’entusiasmo nei veterani della VR, mostrando concretamente quel salto generazionale che si attendeva da tempo, ovvero un prodotto nativo wireless e OLED ad alta risoluzione.

D’altra parte, bisogna essere consapevoli che Play for Dream MR non è (almeno per ora) il visore “per tutti”. Il costo lo rende proibitivo ai più, e il fatto di dover necessariamente avere un PC per sfruttarlo significa che è indicato soprattutto a utenti esperti, con un buon PC gaming e voglia di smanettare.

Chi invece vuole semplicemente un visore facile da accendere e giocare, con centinaia di titoli pronti, probabilmente troverà un Quest 3 più adatto alle sue esigenze e tasche — pur rinunciando alla qualità top.

Inoltre, l’incertezza legata a supporto e garanzia in Italia rivela che acquistare un Play for Dream oggi è un po’ come entrare in early access di un nuovo prodotto.

Finora i segnali sono positivi — l’azienda ha rispettato molte promesse, il Kickstarter è andato bene — ma solo il tempo dirà se saprà competere e crescere accanto ai grandi nomi.


Volendo dare una valutazione complessiva, considerati tutti i fattori, il Play for Dream MR merita senza dubbio una valutazione positiva. È uno di quegli apparecchi che elevano gli standard e mostrano cosa sarà possibile nei prossimi anni su tutti i visori. I suoi difetti (prezzo, batteria, ecosistema acerbo) ne limitano l’appeal commerciale di massa, ma per la nicchia enthusiast rappresenta quasi un must-have. Procuratevi però un PC all’altezza.

Buona Vr!

 




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