Quella che vi accingete a leggere non sarà una comune recensione per un paio di ragioni. Innanzitutto non è comune il prodotto che descriveremo, in quanto associato a Doom VFR c’è un tale bacino di aspettative ed indiscrezioni difficile da gestire con oggettività. Ricordiamo infatti che Bethesda ha lungamente presentato il suo pupillo alle fiere senza mai concedere la possibilità di filmarne i contenuti, solo di recente (e per PSVR) è stato mostrato qualcosa a riguardo. Ma questo articolo si distinguerà anche per i contenuti, in quanto due persone differenti confronteranno il loro punto di vista dalle piattaforme Vive e Rift, in ordine rigorosamente non alfabetico in quanto la predilezione per la prima e lo scarso desiderio di supportare la seconda da parte di Bethesda avranno un notevole peso nella valutazione complessiva.
In Doom VFR si alterneranno frangenti narrativi ed esplorativi, con oggetti da ritrovare o interruttori da attivare, a furiosi combattimenti che similmente alla versione monitor faranno abbondante uso di respawn imponendo al giocatore estremo dinamismo e stile aggressivo. Oltre alle mani, implementate non a regola d’arte poiché opzionali nell’uso via pad, ci sarà un piccolo HUD a video che svoglerà onestamente il suo lavoro, una minimappa olografica di buona leggibilità ma con mappe di ridotte dimensioni e pochi tasti azione. L’arma principale è sulla mano destra, mentre la sinistra gestisce le granate, lo scudo ed il movimento.
I cardini sul campo di battaglia sono simili agli standard d’altri tempi, ma un tale impianto è difficile da farsi sostenibile in realtà virtuale. Ci sono diversi esempi, anche riusciti come i primi Serious Sam – già nel terzo episodio lo stile di combattimento si fa differente – di come sia arduo riprodurre una meccanica basata su strafe e salti in corsa dentro una struttura che minimizzi il disagio da simulatore, tra l’altro con accelerazioni e velocità sovrumane ed irrealistiche. Per dirne una, la corsa in Doom 3 da un interessante thread che lessi tempo fa equivale paragonando spazi e tempi a circa 90 chilometri all’ora. Non sorprende come questo possa risultare poco digeribile per il sistema vestibolare, ne’ come teletrasporto o movimento a microscatti – la soluzione di default adottata da Croteam per il comfort – siano fondamentalmente la versione “sfigata” di come un titolo vada giocato per trarne piena soddisfazione. In questa prospettiva Doom VFR crea un precedente in cui si ridisegna completamente lo scenario, il movimento in realtà virtuale risulta sensibilmente più articolato e gratificante mantenendo una velocità se possibile ancora più estrema della versione flat. La ruota del touchpad, posto che giochiate con un Vive dato che quanto segue è difficilmente applicabile all’attuale malfermo supporto Rift, assolve alla duplice funzione di dash nelle quattro direzioni se toccata sulla corona e di teletrasporto mirato al centro. Il teletrasporto di fatto lo userete solo per le fatality sui nemici e per saltare, mentre il resto del tempo vi muoverete con sequenze di pressioni sulla corona a velocità elevatissime, mischiando l’azione con pesanti slow motion in concomitanza del teletrasporto o con la selezione dell’arma. E’ difficile ed anche cervellotico descrivere questo tipo di risposta a parole, che si coglie a fatica anche nei video, ma una volta entrati nell’ottica di possedere tali facoltà e di potersi muovere con tali velocità arrestando a piacimento il tempo, inanellare delle letali combo di ferimenti e fatality mentre palle di fuoco rallentano fino a quasi fermarsi a mezz’aria è fonte di notevole soddisfazione. Richiede tuttavia un certo apprendistato ed una prospettiva aperta sulla questione, in un ambito quale la locomozione in realtà virtuale dove alle notevoli difficoltà strutturali si aggiungono preconcetti ideologici ed intransigenza.
Altro elemento importante da sottolineare, e facilmente fraintendibile, è che Doom VFR non offre alcun reale teletrasporto in senso canonico, ovvero scomparire in un punto per comparire in un altro. Tutto avverrà mediante balzi, simili al dash visto in Raw Data ma molto più frequenti e veloci. Il risultato raggiunge un livello di comfort discreto ma non assoluto, rispetto alle soluzioni cosiddette blink, poiché il già descritto gameplay vi imporrà una frenesia che non ha eguali nel panorama della realtà virtuale Serious Sam inclusi. Presenta alcuni bug perdonabili ma fastidiosi, come il menu che tende a sfasarsi se vi sposterete o ruoterete, il fatto che nei punti azione cerchi di girarvi verso l’obiettivo violando una delle regole del roomscale che impone di tenere fissi i punti cardinali, ed altre sbavature perdonabili ma che ci auguriamo vengano presto risolte.
Nel fuoco incrociato di opinioni che piovono sui pochissimi giochi VR per computer di pedigree, devo dire che l’unica vera colpa di Doom VFR è il pessimo – temporaneamente pessimo stando alle ultime dichiarazioni di Bethesda – supporto per Rift. Cosa che peraltro è stata in forse fino all’ultimo secondo, vista la causa di Zenimax contro Oculus, e che quindi non sorprende nessuno ed anzi apre a speranze di futura pacifica convivenza. Opinione controversa e contestabile, ma trackpad alla mano la miscela di scatti multidirezionali, salti a distanza e bullet time risulta a mio giudizio fenomenale: questo è il modo in cui uno soprattutto frenetico dovrebbe venire trasposto in realtà virtuale, sollevando di molto l’asticella rispetto allo standard raggiungo da Serious Sam e mantenendo nel contempo il comfort sempre su livelli ragionevoli. La brevità dell’avventura era ugualmente nota, manca di rigiocabilità con un livello Ultra Violence in grado di spezzare lo spirito dei più coraggiosi, ma non si tratta di un investimento a lungo termine. Direi che l’esperimento sia riuscito e che dopo il trionfale ingresso di Bethesda nel mercato PSVR con Skyrim l’inizio è da promuovere anche per computer. Appuntamento al 12 per Fallout 4 VR.
di Alessandro Redaelli
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