L.A. Noire: The VR Case Files, che citeremo d’ora in poi in forma ridotta essendo il titolo piuttosto lungo, chiude il cerchio del trittico composto dallo stesso, da Doom VFR e da Fallout 4 VR. I tre titoli, totalmente diversi nella forma e nella sostanza, condividono infatti tutta una serie di elementi: innanzitutto sono i primi tre giochi pubblicati da software house di prima grandezza esclusivamente per realtà virtuale. Sono inoltre arrivati sul mercato dopo un anno e mezzo di vuoto pneumatico tutti assieme, con pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Tra le ulteriori similitudini che potrei citare, c’è ahimè anche la piaga purulenta dell’esclusività esplosa oramai anche al di fuori dell’ambito dello store Oculus: L.A. Noire VR non solo non gira sul Rift, ma ha proprio una bella schermata di hardware non supportato quale disclaimer, superabile grazie ad una patch di cui abbiamo già parlato che tuttavia non risolve anche in questo caso i problemi in modo esaustivo.
Nei panni dell’agente di polizia Cole Phelps, dovremo fare carriera nel dipartimento investigando su vari eventi criminosi o per arrestarne il decorso (come nel caso di una rapina) o per ricercarne gli indizi di reato che conducano ad un colpevole. La missione tipica inizierà con una chiamata dalla centrale, la necessità di guidare fino alla destinazione, l’analisi della situazione con l’eventuale ricerca di indizi e magari ulteriori spostamenti per interrogare i sospetti. Il modo in cui tutti questi elementi si intrecciano, dialoghi e storia solidi nonché l’ottima mimica facciale dei personaggi, rendono L.A. Noire uno dei titoli più cinematografici disponibili per realtà virtuale. Cinematograficità intrisa di elementi d’avventura in quanto il livello di interazione con lo scenario è molto alto ed anche l’apparente libertà di movimento darà una sensazione open world vigorosa, ma illusoria se si va a cercare fuori dal seminato.
Parliamo anche di prestazioni, dato che similmente a Doom VFR e Fallout 4 VR anche L.A. Noire mette come requisito minimo una 1070 e stavolta anche una CPU più performante rispetto agli standard d’ingresso per la realtà virtuale. Per la terza volta su tre, avendo io la canonica GTX 970 spesso citata nei miei articoli, il gioco è assolutamente fruibile nonostante il gap prestazionale generoso con la GPU suggerita. Il motore gira molto fluido, anche senza mettere i dettagli al minimo, con occasionali e rare perdite di fotogrammi che influiscono poco nel rendimento generale. Buono anche il livello di aliasing, con immagini di adeguata nitidezza. Il dettaglio generale denota qualità e mano buona, senza far gridare al miracolo laddove si osservino le cose da vicino, tuttavia il risultato finale è solido e ragionevolmente complesso.
L.A. Noire è buono quanto ci si aspettava, anzi probabilmente è perfino superiore alle attese. A parte qualche sbavatura risulta coinvolgente, cinematografico ed altamente interagibile con un lavoro di adattamento alla realtà virtuale più radicale e di sostanza di quanto visto fare a Bethesda per i suoi prodotti, e non solo. La ridotta longevità risulta l’unico vero neo della produzione, oltre al già citato vincolo di funzionamento per Oculus Rift. Le vendite al momento si attestano su cifre deludenti, così come manca la consueta ondata di critiche e recensioni negative caratteristica delle uscite VR più rappresentative a cui evidentemente L.A. Noire non sembra venire associato, anche a causa della scarsa pubblicizzazione. Tale mancanza di considerazione risulta immeritata, Rockstar ha fatto le cose per bene e questo è un gioco che non dovrebbe mancare in nessuna collezione, e che anzi fa presagire un futuro radioso per titoli similari.
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